«Accuse a Trump? Contro un altro sarebbero cadute»

Intervista ad Andrew Napolitano sulla competizione elettorale per le presidenziali USA e sui diritti naturali


10 Maggio 2024

Libero

Marco Respinti

Argomenti / Diritto e Regolamentazione

«Il Secondo Emendamento alla Costituzione federale degli Stati Uniti garantisce ai cittadini il diritto di portare e di usare le armi: per sparare ai tiranni, non ai cervi». In questa fucilata, usata più volte, c’è dentro tutto Andrew P. Napolitano, 74 anni fra meno di un mese, giudice della Corte Suprema del New Jersey (dov’è nato, a Newark) dal 1987 al 1995, commentatore per Fox News dal 1997 al 2021 e uno che le controversie non le scansa, le cerca. 

Sangue caldo di evidenti origini italiane (con uno spruzzo di Irlanda), cattolico («preconciliare» mi aggiunge), Napolitano simboleggia, più che sintetizzare, lo spirito più puro degli Stati Uniti, cioè difficile da comprendere fuori. Uno dei modi (non l’unico) per spiegarlo è il titolo di un libro del 1935 di Albert Jay Nock, operaio siderurgico, raffinato classicista e prete (poi ex) episcopaliano: Il nostro nemico, lo Stato. C’è dentro più pre-modernità che in Michail Bakunin. Ovvero, un’America figlia di quando lo Stato non c’era e che continua diritta per quella strada benché di acqua sotto i ponti ne sia passata a ettolitri. 

Giudice, ieri sera a Milano ha svolto una conferenza, «I diritti presi sul serio», ospite dell’Istituto Bruno Leoni. Intrigante, ma come si fa a non partire dalla cronaca. Con quel che sta succedendo nel suo Paese… 

«Vero…» 

Donald Trump è a processo a New York. Da uomo di legge, non c’è troppa spettacolarizzazione? 

«Se si fosse chiamato “Donald Jones” le accuse sarebbero già cadute. Già gli addebiti a suo carico sono complessi, ma forse persino ingiusti. Si sta infatti cercando di trasformare una infrazione amministrativa in crimine. Solo il sistema giuridico dello Stato di New York ha la possibilità tecnica di trasformare una violazione minore in un reato maggiore senza soluzione di continuità, ed è esattamente quanto sta accadendo. Nel resto dell’Unione nordamericana è impossibile». 

Quindi ritiene che la campagna elettorale di Trump non debba essere interrotta? 

«Be’, lo è già. Inchiodato in tribunale 10 ore al dì, Trump ha di fatto sospeso la corsa. Il processo a suo carico risente di un clima fortemente politicizzato, questo è il punto».

Continuiamo con Trump e la giustizia. Che pensa delle sue nomine alla Corte Suprema federale, Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett? 

«Intanto ricordi che, quando fu necessario rimpiazzare il giudice Antonin G. Scalia, morto nel 2016, Trump volle sentirmi, due volte, per quel posto vacante. Risposi che Gorsuch sarebbe stata una nomina eccellente, di cui pure sarebbe stato probabilmente più facile ottenere la ratifica da parte della Commissione Giustizia del Senato. Sulle mie spalle pesano infatti 14.500 apparizioni tivù, inevitabilmente condite pure di frivolezze, che sarebbero state usate contro me e Trump. Ciò detto, sono un fan di Gorsuch e della Barrett, profonda cattolica tradizionale. Meno di Kavanaugh, che è mainstream ma al quale è successo di trovarsi al momento giusto nel posto giusto. Però sì, quelle nomine sono forse ciò che di meglio Trump ci ha lasciato». 

Intanto le manifestazioni pro Hamas che hanno invaso gli atenei americani… 

«Le cito il famoso caso “Terminiello v. Chicago”, del 1949, in cui la Corte Suprema disse che la libertà di espressione è parte così integrante della democrazia da poter tollerare, ascolti bene, persino la violenza. E pure la storica sentenza che chiuse il caso “Brandenburg v. Ohio” nel 1969: la Corte Suprema stabilì all’unanimità che la nostra Costituzione protegge in modo assoluto ogni forma innocua di espressione e che una forma innocua di espressione è quella coronata da un tempo ragionevole affinché altre forme innocue di espressioni la sfidino. Se Tizio incita la folla a linciare Caio e la folla lo fa, il linciaggio è un reato; ma anche il discorso più incendiario. se non ha conseguenze, va protetto come diritto umano». 

I diritti umani, appunto. Cosa sono? 

«L’inalienabile rivendicazione della persona contro il mondo. Derivano dall’umanità stessa, che si creda o meno (io ci credo) che Dio ne sia il creatore. Lo Stato concede privilegi, non diritti. Quindi… quindi segue che la stragrande maggioranza di ciò che uno Stato fa è sbagliato, perché viola i diritti inalienabili della persona». 

Mi sta insomma dicendo di credere nel diritto naturale? 

«Sì». 

Non capita spesso oggi … 

«Lo so. Anche molti libertarian (di cui condivido molto) sostengono che la fonte dei diritti sia la proprietà. Ma la proprietà è uno dei diritti di cui la persona gode in ragione della sua natura umana. Aggiungo una cosa a cui tengo molto. Il Processo di Norimberga contro i criminali nazisti fu l’apoteosi del diritto naturale. Quale legge avevano infatti infranto i nazisti? Non certo quella tedesca. Quella della natura umana». 

Però oggi i diritti si moltiplicano, ognuno ha il proprio e… 

«…la interrompo: quelli non sono diritti derivanti dalla natura umana, ma privilegi concessi dallo Stato per guadagnarsi il favore di questo o di quel gruppo e restare al potere…» 

Pensa che aborto, eutanasia e costrutti vari dell’ideologia LGBT+ siano diritti? 

«L’aborto è un omicidio. Essere gay o no è come uno è, ma i privilegi concessi ai gruppi per ragioni di potere e consenso non debbono diventare diritti. Però non credo nemmeno che lo Stato debba ficcare il naso in camera da letto o nel matrimonio fra due persone. L’eutanasia? La condanno moralmente con vigore, ma, ancora, lo Stato deve starne fuori». 

Ha pubblicato diversi libri, ma il più recente, dell’anno scorso, Freedom’s Anchor: An Introduction to Natural Law Jurisprudence in American Constitutional History, è particolare… 

«Sono 500 pagine e 2000 note scritte in quattro anni per recensire tutte le sentenze della Corte Suprema americana in tema di diritti umani naturali. Ne esce che il diritto naturale fu il faro che illuminò la fondazione degli Stati Uniti alla fine del Settecento per poi affievolirsi progressivamente». 

Mi sta dicendo che gli Stati Uniti non sono il frutto del “progetto illuminista”, bensì della tradizione classica e cristiana del diritto naturale? 

«Certo che sì». 

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