24 Aprile 2023
La Provincia
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
Argomenti / Diritto e Regolamentazione
Da qualche settimana si sta discutendo in merito all’ipotesi di limitare la possibilità dei proprietari di casa di destinare i propri immobili all’ospitalità di turisti. Con il sostegno politico di alcuni sindaci di sinistra, il ministro Daniela Santanchè sta predisponendo nuove norme per fronteggiare quello che ha definito un vero e proprio “far west”. È del tutto evidente la volontà di far morire un settore in crescita, sulla base di pressioni corporative e argomenti demagogici.
Le ragioni usate a giustificare tale ennesimo intervento legislativo contro la casa sono numerose, ma nessuna appare convincente. Quando ad esempio si dice che una stretta sugli affitti turistici aiuterebbe Venezia a limitare l’emorragia dei residenti si dimentica che è dall’inizio degli anni Ottanta che la città lagunare perde ogni anno almeno mille abitanti. E quarant’anni fa Airbnb non esisteva di certo! Nei fatti, la trasformazione di Venezia dura da tempo e non ha nulla a che fare con le modalità degli affitti o il proliferare degli alberghi, mentre enormi responsabilità gravano sulla gestione disastrosa da parte del Comune e di altri enti pubblici di un immenso patrimonio edilizio vuoto e abbandonato.
Quanti vogliono ostacolare la libera iniziativa nel settore turistico sostengono che per i residenti gli affitti sarebbero alti a causa del mercato turistico, quando invece per avere canoni inferiori bisognerebbe eliminare ogni patrimoniale (a partire dall’Imu) e favorire uno sviluppo immobiliare oggi ostacolato da una fitta rete di piani e norme concepiti essenzialmente per favorire gli amici degli amici.
Se in molte città i canoni di locazione sono alti questo si deve soprattutto a un sistema di regolazione che, almeno dall’equo canone in poi, ha distrutto il mercato e allontanato gli investitori. Avremmo certo più case per le famiglie se l’entità dei fitti e la durata dei contratti fossero liberalizzate. È proprio la mancata tutela dei proprietari che spinge molti di loro a non affittare il proprio immobile oppure a puntare sul turistico. Per giunta, avversare gli affitti brevi significa colpire ancor di più un’istituzione fondamentale di ogni società libera quale è la proprietà privata. Con simili regole ogni titolare di un’abitazione è parzialmente espropriato dato che non può usare il suo immobile come crede e di conseguenza la sua casa finisce per valere sempre di meno.
Colpire gli affitti brevi sarebbe poi un terribile autogol per un’economia che vive molto di turismo e che in molte città (a Milano, ad esempio) ha un’offerta di posti-letto del tutto inadeguata. Il Salone del Mobile, oggi, sarebbe impossibile senza il numero elevatissimo di spazi messi a disposizione da parte di questa diffusa micro-imprenditoria. Per giunta, negli ultimi anni molti giovani hanno trovato una loro occupazione nella gestione dei check-in e dei check-out, nella pulizia delle case, nella gestione delle lavanderie.
I demagoghi della lotta agli affitti brevi paiono insomma non considerare quanti danni potrebbero derivare da decisioni così scellerate, che indebolendo la proprietà riducono le nostre libertà e ci prospettano un futuro sempre più misero.
da La Provincia, 24 aprile 2023