Alle origini del nazionalismo

Per Kedourie la nazione non esiste quale entità in sé ma è il prodotto di un'ideologia ottocentesca poi evolutasi fino ai nostri giorni

30 Gennaio 2022

Domenica-Il Sole 24 Ore

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Elie Kedourie è stato un teorico della politica e uno storico delle idee che ha insegnato per buona parte della sua vita alla London School of Economics.

Nato a Baghdad nel 1926, era cresciuto nell’atmosfera vibrante della capitale irachena, dove alla fine degli anni Trenta del secolo scorso c’era una classe media cosmopolitica e multiculturale, di cui facevano parte anche i Khedouri, una tra le tante famiglie ebraiche che potevano vantare una presenza plurisecolare nella ex provincia turca. Negli anni Trenta l’impero Ottomano non esisteva più, a Istanbul si era istaurato un regime repubblicano, ma il suo ricordo era recente, e si poneva in stridente contrasto con una realtà in cui la geografia politica della regione era stata stravolta dal riassetto territoriale e dinastico seguito alla Prima guerra mondiale. Ovunque erano emerse tensioni, che spesso avevano dato luogo a violenze, tra diversi gruppi etnici o religiosi (le due faglie, come mostra il caso dei Curdi, non coincidevano sempre). La scelta da parte del giovane Eliahou Abdallah Khedouri di recarsi a studiare a Londra, nel 1947, in quella che sarebbe diventata la sua sede anche come docente, anticipa un esodo che nel corso di qualche anno finisce per ridurre ai minimi termini la presenza ebraica in Iraq.

Cambiato il proprio nome in Elie Kedouri, lo studioso si impone presto all’attenzione della comunità accademica, e col tempo entra a far parte di un vivace ambiente di intellettuali di orientamento conservatore, che si estende anche oltre il mondo accademico. Le figure di spicco sono Michael Oakeshott, Shirley Letwin e Kenneth Minogue.

Negli anni Cinquanta, tuttavia, la “svolta conservatrice” di cui essi saranno protagonisti è ancora lontana, e Kedourie viene indirizzato da Oakeshott verso lo studio del nazionalismo. Dalla preparazione di un corso nasce il libro Nazionalismo, pubblicato nel 1960, che oggi esce in italiano, a cura di Alberto Mingardi, per Liberilibri, una casa editrice che ha dato un contributo essenziale alla circolazione e alla conoscenza di testi importanti del pensiero liberal-conservatore nel nostro Paese.

Per Kedourie «il nazionalismo è una dottrina inventata in Europa all’inizio del XIX secolo. Essa pretende di fornire un criterio per la determinazione dell’unità di popolazione più adatta ad avere un proprio governo per l’esercizio legittimo del potere nello Stato, e per l’organizzazione corretta di una società di Stati. In estrema sintesi, tale dottrina ritiene che l’umanità sia divisa naturalmente in nazioni, che tali nazioni siano conosciute in virtù di certe caratteristiche che possono essere verificate e che l’unico tipo legittimo di governo sia l’autogoverno nazionale» (p. 7). Questa affermazione viene illustrata attraverso una ricostruzione della genesi del nazionalismo, a partire dall’idea di autodeterminazione delle persone che fa la sua comparsa nel pensiero europeo con Kant, e scivola in seguito verso una diversa declinazione, con la nazione che sostituisce l’individuo, nell’epoca del Romanticismo.

Lo storico delle idee si rende conto che questi slittamenti di significato non sono dettati da necessità logica (non si “deduce” il nazionalismo dall’imperativo categorico), ma sono il risultato della rilettura creativa di una parte dell’eredità kantiana. La dottrina nazionalista è inventata, per Kedouri, nel senso che non è il prodotto della necessità storica, e neppure il riflesso di una realtà preesistente (la nazione). Che il fenomeno dell’appartenenza a un gruppo, che può identificarsi attraverso criteri diversi, divenga un’ideologia è invece il prodotto di quello che Lord Acton, uno dei maestri ideali di Kedouri, chiamava “il potere delle idee”. Alla storia degli effetti di questa “invenzione” appartiene l’influenza che il nazionalismo ha avuto sulla politica europea a partire dall’Ottocento e fino ai giorni nostri, passando per la decolonizzazione e poi la caduta del muro di Berlino.

Impreziosisce il libro la lunga introduzione del curatore, Alberto Mingardi, che colloca la figura e il pensiero di Kedouri nel contesto del dibattito teorico-politico del secondo dopoguerra, mettendo alla luce una fitta trama di influenze e disaccordi che coinvolge autori di grande interesse come L.B. Namier, Isaiah Berlin, Stuart Hampshire e Ernest Gellner.

da Domenica-Il Sole 24 Ore, 30 gennaio 2022

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