20 Agosto 2015
Il Foglio
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
Argomenti / Teoria e scienze sociali
Un intervento di Paul Krugman sulla querelle riguardante Uber, pubblicato sul Sole 24 Ore, offre qualche spunto interessante per riflettere sul rapporto tra la sinistra contemporanea e i diritti individuali.
Secondo l’economista liberal americano, infatti, il nuovo servizio di trasporto privato è contestabile nel momento in cui “consente all’azienda di non sottostare a gran parte della normativa pensata per tutelare gli interessi dei lavoratori dipendenti”, ma esso è comunque apprezzabile nei suoi risvolti tecnologici, dal momento che permette di trovare un taxi semplicemente usando il telefonino.
Alla sinistra americana l’economista liberai chiede allora di continuare a difendere lavoratori e intervento statale (politiche pubbliche che stimolino le imprese a pagare di più), senza però avversare l’avvento di soluzioni tecniche innovative. Un tempo si sarebbe detto, “i soviet e l’elettricità”.
Ora, piuttosto, la cosa è declinabile come “i sindacati e lo smartphone”. Ma in un caso come nell’altro non sembra esserci spazio per la salvaguardia della libertà dei singoli.
E’ positivo che Krugman non sposi nuove forme di luddismo e non esalti il bel tempo che fu, quando non esistevano i pc e neppure le automobili. E’ però vero che un certo progressismo innamorato dei poteri statali trova più facile accomodarsi con la tecnologia che con la libertà individuale, incapace di comprendere che quanti guidano i taxi di Uber sono uomini responsabili che nel limitato raggio delle opportunità a loro disposizione hanno scelto di contrattare lavoro in cambio di soldi.
Continuare a difendere l’azione coercitiva del legislatore, che inibisce “atti capitalistici tra adulti consenzienti” (per usare la formula del filosofo Robert Nozick), significa sposare una forma di chiusura mentale perfino peggiore di quella sposata da chi rigetta il progresso, la scienza e le nuove tecnologie.
Da Il Foglio, 20 agosto 2015