Anche nel web sarà il mercato a fermare i monopoli

I giganti del web non hanno altro scopo che di fare soldi, se sbagliano, gli azionisti vendono e il titolo crolla, gli utenti abbandonano e gli analisti bocciano

23 Aprile 2019

LaVoce.info

Franco Debenedetti

Presidente, Fondazione IBL

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Quei legami tra controcultura e cultura informatica

Minitel funzionava nel 1981, il primo uso privato di Internet è di dieci anni dopo. La Programma 101 dell’Olivetti è del 1965, il personal Ibm di dieci anni dopo, il Mac quasi di venti. Quaero, il motore di ricerca europeo che doveva far concorrenza a Google e a Yahoo! è del 2005; Qwant gli succede otto anni e molti miliardi dopo, e oggi aspira a prendere il 5 per cento del mercato. Perché oggi l’Europa tra i grandi ha solo Spotify (che vale un ventesimo di Facebook) e SAS (che fa un altro mestiere)? Per capire le cause di questa singolarità è utile confrontare l’apparato ideologico alla base dell’articolo di Fabrizio Barca con l’ambiente culturale in cui si è formata la società delle piattaforme.

Nei primi anni Settanta i computer godevano della dubbia reputazione di essere strumento di controllo, di governi orwelliani o delle multinazionali. La controcultura della fine degli anni Sessanta univa valori di comunità e collettività con quelli di libertà e potere personali, in aperto contrasto con l’oppressione associata alla tecnologica informatica: solo alla fine degli anni Settanta la tecnologia è vista come strumento di potenziale liberazione. Nel 1991, il World Wide Web dà nuovo impulso ai legami tra cultura informatica e controcultura. C’era il desiderio di formare comunità connesse: la crescente richiesta di connettibilità attirò le imprese, interessate a fornire connettività. Dal 2000 al 2005 le piattaforme prosperano con l’entusiasmo degli utenti, spazi alternativi, liberi dai vincoli di aziende e governi. Mettendo “you” come persona dell’anno (2006), Time proclama il potere rivoluzionario degli utenti connessi. Il resto della storia lo conosciamo: l’effetto rete, il winner takes all, la polarizzazione delle grandi piattaforme, ciascuna nel suo settore, con la sua identità di impresa.

Per Barca, invece, il risultato è una “crescente concentrazione del controllo sulla conoscenza (…). La tecnologia dell’informazione, che ha il potenziale per diffondere il controllo della conoscenza, è stata impiegata per ottenere il risultato opposto”. Crescente? Controllo? Wikipedia, che consente di accedere con un click a 300 lingue, in italiano 1 milione e mezzo di voci; Google che ogni giorno esamina 20 miliardi di pagine web e risponde a 4,5 miliardi di richieste, “concentrano il controllo della conoscenza”? Se Bing ha il 7 per cento del mercato, Baidu il 6 per cento, Yayoo! il 5 per cento è per il diabolico “controllo” di Google o per i suoi giganteschi investimenti a scannerizzare milioni di libri? Se la “crescente concentrazione del controllo della conoscenza” è dubbia (o incomprensibile), come ha potuto produrre la concentrazione della ricchezza? Certo che questa esiste, ma va trattata con argomentate analisi.

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