Una lettura che vi fa precipitare in un altro mondo, quello del diritto anglosassone. E’ la biografia, ma è qualcosa di più, di Antonin Scalia, giudice della Corte Suprema americana, realizzata da Giuseppe Portonera per Ibl libri. Molto attuale, viste le recenti sentenze della Corte suprema americana, a partire da quella sull’aborto. Ma il punto è un altro.
Scalia è il rappresentante, il primo, il capostipite di una maggioranza di giudici che si ispirano al cosiddetto approccio testualista/originalista. Lasciate perdere la quasi totalità dei recenti commenti, anche di illustri giuristi italiani, che parlano di una tendenza conservatrice, trumpiana dell’attuale Corte americana. Molti di loro dimenticano che fu proprio una corte a maggioranza conservatrice a cambiare la storia dell’aborto in America nel 1974. Scalia e dopo di lui il mitico giudice Thomson hanno cambiato la storia giuridica americana, semplicemente, si fa per dire, elaborando un nuovo approccio tecnico: «Il giudice deve applicare la legge per come è, e non per come vorrebbe che fosse, perché spetta al popolo la responsabilità di determinare il corso del rinnovamento sociale».
Scalia, che come ricorda il libro, esordì cinquantenne con una opinione dissenziente proprio su questioni di attribuzioni di poteri, era fissato con la separazione della giustizia dalla politica. Non sono i giudici che fanno le leggi, che le interpretano con il «senso dei tempi», sono i legislatori, delegati dal popolo, che decidono. Prima di Scalia la Corte, senza grande distinzione di colore, era guidata dalla «bandiera del “judicial activism” orientato non più alla tutela delle libertà economiche individuali e delle prerogative dei singoli stati, bensì alla promozione di nuovi diritti sociali e civili e all’espansione dell’autorità federale». Un centralismo democratico, si potrebbe tradurre da noi, operato dai massimi giudici a stelle e strisce.
Diametralmente opposto l’approccio di Scalia: «Un giudice deve ricercare il significato originario del testo e, una volta individuato, a quello deve ritenersi vincolato». Insomma un giudice rivoluzionario, verrebbe da dire, nel suo conservatorismo. Ma che non si può ritenere al servizio di un partito o di una parte, ma essenzialmente al servizio di una rigidissima divisione dei poteri. Scalia ha difeso per tutta la sua vita l’indipendenza del giudizio della più alta magistratura. Il libro contiene un’interessante e snella biografia del giudice, che si intreccia sinteticamente, con la recente storia politica americana. Una lettura, fatta attraverso le nomine dei giudici costituzionali. La nomina di Scalia, ad esempio, il padre dei giudici «di destra» fu fatta con il consenso totale del congresso. Un testo che non sarà molto gradito ai nostri «magistrati democratici».
da Il Giornale, 31 luglio 2022