Anche l’Ocse, presentando il suo report sull’Italia, è tornato a mettere in guardia il Governo contro gli effetti perversi delle sue stesse scelte di politica economica. L’Organizzazione di Parigi, che vede nel 2019 una crescita del Pil negativa di 0,2 punti percentuali, ha sottolineato che, seppure in modo diverso, il reddito di cittadinanza e quota 100 rischiano di deprimere ulteriormente la performance economica del paese. Da un lato, il reddito di cittadinanza rischia di alimentare il lavoro nero e di creare vere e proprie trappole della povertà – situazioni, cioè, in cui il beneficiario del sussidio non ha alcun incentivo a cercare un’occupazione e rimane pertanto dipendente dall’aiuto pubblico. Dall’altro, l’abbassamento dell’età pensionabile toglierà risorse dal mercato del lavoro, senza innescare alcuna staffetta generazionale e, anzi, aumentando il fardello fiscale sulle spalle dei giovani lavoratori. Entrambi i provvedimenti, poi, vedranno i loro effetti negativi amplificati dal rallentamento dell’economia.
Di fronte a questo ennesimo avvertimento, che non fa altro che ribadire quanto più volte segnalato da istituzioni e centri studi nazionali e internazionali, il vicepremier, Luigi Di Maio, ha invitato l’Ocse “a fare l’austerity a casa loro”. L’invito di per sé può anche essere condivisibile – come ogni entità che vive del denaro dei contribuenti, anche quella guidata da Angel Gurrìa ha il dovere di gestire in modo oculato le proprie risorse. Ma, fuor di battuta, l’austerità serve soprattutto a casa nostra. E se ne avevamo bisogno già prima, l’esigenza è ancor più forte adesso, visto che l’esecutivo ha accelerato il declino italiano sperperando miliardi di euro in misure improduttive – quali, appunto, il reddito di cittadinanza e quota 100 – e scaricando sul prossimo biennio oltre 50 miliardi di euro di clausole di salvaguardia. Si tratta di un peso enorme, specie se si tiene conto della recessione in atto e, dunque, dello scarso spazio fiscale che il Governo si è lasciato.
Una seria revisione della spesa, l’avvio di un ampio programma di privatizzazioni e un ripensamento a 360 gradi del ruolo dello Stato sono i tre elefanti nella stanza della politica italiana. Non è certo colpa dell’attuale maggioranza se questi interventi sono stati rinviati di anno in anno e di legislatura in legislatura, ma è grave responsabilità del Governo in carica se, anziché prendere in mano tali dossier, si è sprecata la legge di bilancio 2019 con un mix tra misure clientelari e bandiere ideologiche, che hanno spaventato i mercati e reso l’Italia meno affidabile, spingendo lo spread al rialzo di almeno 100 punti base. Adesso, la ricreazione è finita. Alle porte di una nuova crisi, e mentre cresce la divaricazione tra la crescita dell’Italia e del resto dell’eurozona, è davvero il caso di dire: Fate presto!
2 aprile 2019