23 Marzo 2015
Il Sole 24 Ore
Alberto Mingardi
Direttore Generale
Argomenti / Teoria e scienze sociali
Misurare la libertà è la sfida con cui si confrontano oramai da anni le ricerche di Sebastiano Bavetta (Università di Palermo) e Pietro Navarra (Università di Messina). Per i due studiosi la libertà è un concetto a più dimensioni. «Di una persona i cui desideri e impulsi siano i suoi siano l’espressione della sua personale natura, sviluppata e modificata dalla sua cultura si dice che possiede un carattere; una persona i cui desideri e impulsi non siano suoi non ha più carattere di quanto ne abbia una macchina a vapore», sosteneva John Stuart Mill. L’idea che sia importante non solo essere liberi di agire, ma anche avere piena consapevolezza di ciò che si mette nelle proprie scelte, informa la «libertà come autonomia» che Bavetta e Navarra mettono al centro della riflessione.
Una persona è «autonoma se, e solo se, è chiamata a rispondere delle proprie scelte»: non basta essere titolari di una libertà “formale”, ma bisogna essere pienamente padroni delle proprie scelte. Sotto questo profilo, i due autori sono serenamente “ottocenteschi”: la libertà come autonomia è una forma di esercizio, si gode di libertà quando le leggi non ce la sottraggono, ma ci si deve “allenare” per diventare davvero autonomi.
La ricerca di Bavetta e Navarra ha un’importante base empirica, che emerge con prepotenza nel loro ultimo libro, scritto con Dario Maimone (anch’egli dell’Università di Messina). I dati che maneggiano includono classifiche internazionali che variamente cercano di dare misura di quanto la libertà sia compressa o rispettata nel mondo (dal ranking di Freedom House agli indici della libertà economica) e il dataset del Word Value Survey, una domanda del quale ha a che fare proprio con la libertà e il controllo sulle proprie scelte per come gli individui lo percepiscono.
Apprendiamo che la più parte delle persone che sono convinte di avere un maggior grado di autonomia, nei Paesi sviluppati quanto in quelli in via di sviluppo, tende a considerarsi “di destra” (e, curiosamente, anche che sono di più le persone sposate che si sentono autonome, rispetto ai single). Soprattutto, gli autori dimostrano come «in tutti i Paesi soggetti alla nostra indagine, livelli crescenti di autonomia e libertà vanno di pari passo con un maggior livello di soddisfazione della vita»: «l’aumento della felicità nel corso degli ultimi 25 anni può essere spiegato dal maggior grado di libertà e controllo sulle scelte verificatosi nella maggior parte dei Paesi del mondo: l’effetto positivo sul benessere della libertà e del controllo delle proprie scelte al crescere dei redditi fa aumentare di pari passo l’utilità della libertà».
Il libro si conclude con una elegante confutazione del “paradosso della scelta”, per cui l’ansia di scegliere avrebbe un costo, in termini di felicità degli individui liberi di scegliere. Al contrario, per Bavetta, Navarra e Maimone la libertà come autonomia ha «rendimenti crescenti»: tanto più un’economia è liberalizzata, tanto più la felicità cresce. Il peso della responsabilità è un esercizio felice, nelle società che valorizzano
la libera iniziativa.
Da Il Sole 24 ore, 23 marzo 2015
Twitter: @amingardi