Banche: no imposte, serve più concorrenza

Dove il mercato è manipolato dallo Stato, entrate rilevanti possono essere anche il frutto di artifici politici

11 Agosto 2023

La Provincia

Carlo Lottieri

Direttore del dipartimento di Teoria politica

Argomenti / Diritto e Regolamentazione Politiche pubbliche

Il governo ha deciso d’introdurre una nuova imposta, volta a colpire i cosiddetti “sovraprofitti” ottenuti dagli istituti di credito. Non si tratta di una buona notizia, perché se già ora molti di noi hanno più di un motivo per essere insoddisfatti della loro banca, con questa tassa le cose potranno perfino peggiorare.

È facile prevedere, in effetti, che le banche scaricheranno almeno una parte di questi nuovi oneri sulla clientela.

Per giunta, il periodico riapparire di questa idea del “sovraprofitto” (già usata dinanzi agli utili in ambito energetico) segnala come la politica abbia serie difficoltà a comprendere i fenomeni economici. Non esiste, infatti, alcuna possibilità di distinguere un profitto presunto “ordinario” da uno invece “eccezionale”; per giunta, chi propone questa misura dovrebbe anche spiegare se è disposto a sovvenzionare le banche qualora dovessero fare perdite e anche sovraperdite (qualunque cosa ciò voglia dire).

Purtroppo gli schemi insegnati agli studenti di economia, basati sull’idea del tutto astratta di una concorrenza “pura e perfetta”, continuano a condizionare il modo in cui molti guardano alla realtà: dato che impediscono di comprendere che i profitti sono cruciali nell’indirizzare i capitali dove sono più necessari.

In effetti, nella vita di un imprenditore si fanno i conti con profitti più o meno alti e non di rado anche con perdite. L’entità del profitto è la conseguenza di tante cose, ma in linea di massima bisogna ricordare che quando un settore ottiene utili importanti una delle prime conseguenze è che questo fa sì che risorse crescenti confluiscono proprio lì: ciò che nel tempo conduce, naturalmente, a un calo dei profitti stessi.

Questa imposta nasce inoltre da una prospettiva demagogica: si muove dalla corretta constatazione che il nostro sistema bancario ha molti problemi, ma non ci si pone le giuste domande. In un ordine di mercato, infatti, alti profitti derivano dalla capacità di soddisfare le preferenze dei consumatori, mentre dove il mercato è in vario modo manipolato da norme e decisioni governative, entrate rilevanti possono essere anche il frutto di artifici politici che generano posizioni parassitarie.

Di fronte alle banche, allora, bisognerebbe fare tutt’altro. Parafrasando molto liberamente Bertold Brecht, è urgente riconoscere che le nostre difficoltà discendono dal fatto che ormai è più facile rapinare una banca che aprirne una. In altri termini, di fatto le banche centrali operano contro la concorrenza, anche se la loro azione viene giustificata come volta a “tutelare” i risparmiatori. In verità esse introducono una strozzatura al mercato e quindi penalizzano tutti noi.

Invece che tassare i sovraprofitti lasciando intendere che si stanno colpendo i “ricchi” sarebbe dunque opportuno accrescere la competizione.

Non molto tempo fa una banca di Lugano intendeva estendere le proprie attività in Italia. Poteva essere una buona notizia, dato che si sarebbero creati posti di lavoro e sarebbe aumentata l’offerta e la competizione. Quando si fece mandare dalla Banca d’Italia normativa e modulistica, decise però di lasciar perdere. È da qui, allora, che si deve partire.

Da La Provincia, 10 agosto 2023

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