Ci sono tre elementi che legano la decennale questione del rinnovo delle concessioni balneari e la ratifica delle modifiche al MES, sulle quali si sono svolte ieri due separate riunioni a Palazzo Chigi. Il primo elemento è identitario. Il secondo è l’Europa. Il terzo è il tempo.
La contrarietà sia alle modifiche del MES che alla messa a gara delle concessioni balneari è stata importante nella definizione dell’agenda dei partiti dell’attuale maggioranza, con sfumature e distinzioni interne che non cambiano, tuttavia, il peso politico di una ostilità da anni vantata sia verso il MES che verso la direttiva Bolkestein. Entrambe le questioni sono state, da un punto di vista politico-elettorale, una battaglia di bandiera anche molto al di là degli effetti reali che può avere la loro riforma.
Nel caso di quella del MES, aderirvi non vuol dire richiedere per forza l’attivazione del meccanismo. Nel caso dei balneari, aprire le concessioni al meccanismo delle gare non vuol dire per forza che gli attuali concessionari si trovino senza i loro stabilimenti. Peraltro, la forza negoziale dei balneari appare senz’altro superiore al loro peso nell’economia. Anzi, una corretta lettura della realtà dovrebbe far propendere lo Stato a mettere mano alla riforma delle concessioni, visto che essa implicherebbe anche un aggiornamento dei canoni, al momento sproporzionati al ribasso, perché non aggiornati rispetto al valore delle stesse.
Le tesi di partenza, dunque, non portano alle conclusioni che si paventano. Ciò potrebbe forse delineare una specie di tic delle istanze politiche nell’attuale destra, le quali trattano i rischi, o presunti tali, come certezze, dimostrando una avversione agli stessi che potrebbe essere interpretata come una forma atipica del conservatorismo. Dall’elemento identitario discendono anche gli altri due elementi in comune.
Quanto all’Europa, in entrambi i casi le decisioni del governo si inseriscono inevitabilmente in un contesto di condivisione con l’Unione europea che l’attuale maggioranza, all’epoca così severa nei confronti dell’UE, sembra non mettere più in discussione. Se, tuttavia, non esistesse questa condivisione, le scelte dell’attuale governo Meloni sarebbero lontane da quelle che l’Europa chiede. In sostanza, benché l’Europa non sembri più in discussione nel se – grazie anche alla postura di Giorgia Meloni – continua ad esserlo nel come.
Per i balneari, il governo continuerebbe a mettere al riparo dalla concorrenza le concessioni in essere, nonostante le sentenze nel frattempo intervenute. Per il MES, arriverebbe alla scadenza dei termini opponendosi alla ratifica. Il dilemma di fronte a cui le forze politiche di governo si trovano è emblematico di cosa voglia dire, oggi, governare uno Stato.
Le istanze sovraniste possono raccontarla come vogliono, ma la realtà che bussa alla porta ci mette quotidianamente di fronte all’evidenza che le scelte di politica nazionale sono sempre meno incondizionate e incondizionabili da ciò che succede fuori dai confini statali. Per partiti che hanno fatto finta di non vedere questa realtà, andarci a sbattere diventa una questione ontologica da cui devono decidere come uscirne indenni.
Quanto al fattore tempo, in entrambi i casi il governo, per uscire dall’impasse, sta provandola tattica di giocare all’ultimo minuto. Sono passati più di dieci anni da quando avremmo dovuto adeguare la concessione degli stabilimenti balneari alle gare periodiche e ancora siamo in regime di rinnovate proroghe, nonostante innumerevoli sentenze della giustizia europea e nazionale praticamente unidirezionali. Per ratificare il MES in tempo utile a far entrare in vigore le modifiche, a beneficio di tutti gli Stati che hanno già ratificato, ci resta un mese e mezzo di due anni e più che abbiamo avuto.
L’attuale governo non sarebbe certo il primo a usare questa tattica. Anzi, una delle poche leggi annuali che i governi non dimenticano mai di approvare (diversamente dalla legge annuale per la concorrenza) è il cosiddetto milleproroghe, che serve addirittura a posticipare le scadenze. Che sia una strategia invalsa non vuol dire però che sia buona. Non, almeno, per i cittadini e le imprese, che, in tal modo, vivono una costante incertezza delle regole e, peggio ancora, si adattano ad essa puntando a una sterile massimizzazione delle rendite. Come proprio il caso dei balneari, ma anche dei tassisti e del commercio ambulante, purtroppo insegna.
da La Stampa, 16 novembre 2023