“Basta spese folli per le sagre di paese”

Tutti gli enti locali sono una delle colonne dello spreco: parla Silvio Boccalatte, avvocato e ricercatore IBL

20 Ottobre 2014

La Stampa

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Silvio Boccalatte è ricercatore dell’Istituto Bruno Leoni. Da anni si occupa di temi fiscali, con un occhio particolare agli enti locali.

Avvocato, davvero le Regioni sono la capitale di «Spreco poli»?
«Non solo le Regioni. Tutti gli enti locali sono una delle colonne dello spreco. Basti pensare alle migliaia di società partecipate: aziende che operano con il capitale pubblico, senza troppi controlli sui bilanci, e intervengono su settori tagliati via dal mercato. Tra l’altro le amministrazioni hanno un difetto gravissimo: una capacità di spesa considerevole ma, sostanzialmente, senza autonomia d’entrata, e questo incentiva l’irresponsabilità».

Ma questo succede perché qualcuno lo permette…
«Certo, questo è un problema di impalcatura del sistema fiscale. Ma non è finita».

Dica.
«Penso alla problematica degli sprechi in sé e per sé. Fare un intervento sulla pavimentazione delle strade rende sicuramente di meno di una delle migliaia di manifestazioni turistiche che costano centinaia di migliaia di euro, per cui i soldi si trovano sempre».

Eppure secondo il vicepresidente dell’Anci Alessandro Cattaneo il sistema dei Comuni è vicino al collasso…
«Certo, perché stanno usando i fondi per fare altro. Ogni assessore con un budget di spesa punta ad interventi
che, al momento delle elezioni, gli permettano di guadagnare voti. È pericolosissimo. A tutto questo si somma la farraginosità terribile del sistema degli appalti».

I tagli chiesti dal governo sono sopportabili?
«Assolutamente. Bisogna però scoperchiare un altro pentolone, che ormai diamo per scontato. Esiste una quantità di enti locali, e parlo dei piccoli Comuni del Nord, che, obiettivamente, ha già tirato la cinghia Ci sono araministrazioni che sono state capaci di fare risparmi seri, e si sono ritrovate costrette, per esempio, a contribuire al Fondo di solidarietà comunale, spostando un sacco di soldi verso lo Stato. I sindaci negli ultimi anni sono stati obbligati ad alzare la pressione fiscale e, dall’altra parte, ad avere problemi seri nel pagamento dei fornitori a causa del Patto di Stabilità. Per quanto possano risparmiare ancora, conti alla mano, prima o poi si troveranno a tagliare nel vivo».

E quindi?
«Il governo deve procedere nel regolare gli enormi centri di spesa, ma non tutti gli enti locali sono uguali. Bisogna fare in modo che il sistema fiscale venga ribaltato: adesso è sostanzialmente centrale, e gli enti locali hanno finanza derivata. Bisognerebbe arrivare a un sistema tributario basato sugli enti locali, con più autonomia di spesa e di entrata. Solo una piccola quota deve finanziare il centro.
I tagli che la manovra «accolla» alle Regioni: per Renzi si può trattare ma la cifra non cambierà In questo modo aumenterebbe la responsabilità e si potrebbe creare un circuito di concorrenza istituzionale»

Cioè?
«Competizione su pressione fiscale e servizi tra Comuni limitrofi, per attirare imprenditori. Bisogna uscire da una grande problematica culturale: parlare di federalismo solidale è una sciocchezza, o è competitivo o è un’altra cosa. E la nostra società ha il terrore della concorrenza».

Da La Stampa, 19 ottobre 2014

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