23 Ottobre 2023
L'Economia – Corriere della Sera
Alberto Mingardi
Direttore Generale
Argomenti / Politiche pubbliche
La Banca centrale europea ha annunciato la seconda fase del progetto dell’euro digitale. L’euro digitale non è solo un sistema di pagamento dematerializzato: è anzi un cambiamento radicale dello stesso concetto di moneta.
Esso implicherebbe la possibilità di detenere risparmi su un conto di banca centrale. Per quanto remota sia la possibilità che le banche commerciali possano fallire, è sempre presente. Nel caso delle banche centrali è molto più improbabile. Un conto corrente presso la Bce è dunque assai meno rischioso di un conto corrente presso qualsiasi altro istituto. Se nessun istituto di emissione ha mai reso disponibile quella possibilità ai cittadini è perché, da che le banche centrali esistono, vige un patto con le banche che raccolgono depositi e fanno credito: le une si fanno regolare dalle altre, ma queste ultime non fanno loro concorrenza. L’euro digitale rompe quel patto.
Tetti in equilibrio
Le conseguenze della disintermediazione possono essere rilevanti. Non è un caso se per ora la Bce ha parlato di limitare a tremila euro la capienza del conto “privato” presso la banca centrale. Serve a rassicurare il mondo del credito e a dichiarare che non c’è l’intenzione di rubargli il mestiere.
Si tratta, però, di un equilibrio evidentemente instabile. Immaginiamo che, per qualsiasi motivo, si arrivi a temere per le sorti di un istituto di credito. E immaginiamo che fra i suoi correntisti ve ne siano che hanno anche depositi presso la Bce. Che cosa chiederanno quelle persone? Di poterli spostare sul conto di banca centrale, evidentemente più sicuro. Come gestire le proposte di correntisti che, dopotutto, chiedono solo di fare per una cifra più alta qualcosa che è già ritenuto perfettamente legittimo fino ai tremila euro? Che potranno replicare, a Francoforte, se a un certo punto i leader di un paese Ue cominciassero a chiedere loro di rispettare la domanda di sicurezza che arriva dai loro elettori?
L’alternativa, ovvia, è che la Bce acquisti direttamente la banca la cui reputazione vacilla, finendo per garantirne i conti correnti. O che le presti soldi ad libitum. Un evento simile potrebbe facilmente innescare una catena di nazionalizzazioni (europeizzazioni?) nel sistema bancario. In un modo o nell’altro, la Bce che offre anche servizi diretti ai cittadini sarebbe destinata ad acquistare una situazione di monopolio. Con conseguenze rilevanti anche sull’allocazione del credito, che magari verrebbe lasciata a istituti autonomi e privati ma, di fatto, dipendenti da Francoforte.
Che dire delle conseguenze per la privacy? È surreale che partiti politici che hanno imbastito grandi campagne sul “tetto” ai contanti non dicano nulla sull’euro digitale.
La Bce spergiura che non avrà accesso «ai dati personali degli utenti» né potrà «collegare le informazioni sui pagamenti ai singoli individui». Ma quei dati esisteranno. Ed è immaginabile che a un certo punto si comincerà ad attingervi. Prima per circoscrivere azioni illegali sulla base dei fini più nobili: come per l’antiterrorismo. Poi però si potrà decidere di usare quelle informazioni in altri modi. Banalmente, lasciandovi accedere gli inquirenti per qualsiasi indagine penale. E poi, perché no, con l’obiettivo di penalizzare comportamenti ritenuti lesivi di qualche bene pubblico variamente inteso: dal clima in poi. Seguendo, insomma, il sistema cinese di credito sociale. È quello il modello che vogliamo copiare?
La regia
La banconota passa di mano senza che si vedano le impronte di chi l‘ha maneggiata. Questo non è soltanto un vantaggio per i criminali impegnati a riciclare i loro profitti. L’anonimato è efficiente, consente di fare economia di informazioni: non abbiamo bisogno di conoscere la storia di un biglietto da dieci euro per sapere che può comprare le stesse cose di qualsiasi altro biglietto della medesima denominazione. Ci consente di portare a termine la transazione che desideriamo senza che altri lo sappiano. Libertà è anche questo.
Da ultimo, la valuta digitale dà una capacità di manovra straordinaria al banchiere centrale. Il contante non offre alcuna certezza sulla sua capacità di acquisto futura, ma almeno fornisce una garanzia sul valore nominale di ciascuna banconota: 100 euro rimangono 100 euro, anche se domani potranno comprare qualcosa in meno di oggi. Questa certezza scompare con l’euro digitale. Perché in qualunque momento la banca centrale, in relazione a quelle che reputa esigenze di politica monetaria, potrà imporre un tasso negativo sulle giacenze. La Bce potrebbe provare a manovrare le scelte di spesa degli individui settimana per settimana.
C’è inflazione? Vi rendo più difficile vuotare i borsellini. C’è aria di deflazione? Vi spingo a spendere. Fantascienza? Fino a un certo punto. Il bello delle criptovalute è che rendono possibili esperimenti di questo tipo. È una delle ragioni per cui non sono usate come monete, ma come asset speculativi: si scommette sul fatto che ne venga mantenuto costante, ovvero aumentata a certe condizioni, la quantità di circolante.è questo il futuro dell’euro? Se c’è una cosa che non manca sul mercato è l’offerta di strumenti di pagamenti digitali: dalle carte di credito a Paypal e Applepay. A quale «fallimento del mercato» risponde la moneta elettronica della banca centrale? È difficile a dirsi. Sembra più un caso di hybris. Il potere d’acquisto degli europei avrebbe più bisogno di chi lo difenda col coraggio di Antigone, che di un Creonte digitale a Francoforte.
da L’Economia del Corriere della Sera, 23 ottobre 2023