Biblioteca giallo-verde

I libri che hanno ispirato il contratto di governo tra Di Maio e Salvini (e quelli per difendersi dalle loro idee)

21 Maggio 2018

Il Foglio

Luciano Capone

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Adesso che il “Contratto per il governo del cambiamento” è pubblico, sappiamo quali sono le intenzioni politiche della nuova maggioranza giallo-verde. Ma per comprendere meglio come questi punti programmatici sono stati elaborati e prevedere quali saranno le linee di azione del governo Lega-M5s è utile capire quali sono i loro riferimenti culturali e ideologici. Si tratta insomma di rispondere alla domanda: quali libri ci sono nella biblioteca di Luigi Di Maio e Matteo Salvini? In realtà non lo sappiamo di preciso, probabilmente i due leader hanno letto pochi o nessuno dei libri di cui parleremo, anzi, generalmente hanno un approccio anti-intellettualistico, si definiscono oltre le vecchie categorie politiche e sostengono (in particolare il M5s) che il loro programma è stato scritto direttamente “dai cittadini”. Ma nonostante questo, tutte le persone, e soprattutto i politici, non fanno altro che riproporre e rimasticare, anche involontariamente, idee elaborate da altri. “Il mondo è governato da poco altro – scriveva John Maynard Keynes nel passo più bello della Teoria generale -. Gli uomini della pratica, i quali si credono affatto liberi da ogni influenza intellettuale, sono spesso gli schiavi di qualche economista defunto. Pazzi al potere, i quali odono voci nell’aria, distillano le loro frenesie da qualche scribacchino accademico di pochi anni addietro”.

Ecco, qui proveremo a tirare giù una lista di “scribacchini” (in realtà alcuni sono intellettuali stimati nonché vivi e vegeti) che ispirano le “frenesie” del “governo del cambiamento”. Partiamo dal reddito di cittadinanza. Per capire da dove proviene l’idea si può partire da Il reddito di base, recentemente pubblicato dal Mulino, di Philippe Van Parijs e Yannick Vanderborght. Van Parijs, filosofo belga dell’università di Lovanio, è uno dei principali propugnatori nel mondo del “basic income”, del reddito universale come strumento di giustizia sociale, capace di ridurre la disuguaglianza e la disoccupazione strutturale e tecnologica. Partendo dalla teoria della giustizia di Rawls, Van Parijs giunge a conclusioni ancora più estreme affermando che anche il “surfista di Malibù”, che passa le giornate a prendere le onde e il sole, ha diritto a essere nutrito dalla società. Naturalmente la proposta di legge del M5s non è così estrema, a dispetto del nome non è un vero sussidio incondizionato di cittadinanza, è scritta molto male e provoca nel mercato del lavoro distorsioni peggiori rispetto al basic income di Van Parijs, ma è senza dubbio a lui e alle sue teorie che si ispira. La risposta più completa e articolata, sia dal punto di vista economico che filosofico, all’idea di reddito di cittadinanza è invece contenuta nel libro Contra la renta bàsica dello spagnolo Juan Ramón Rallo (purtroppo non ancora tradotto in italiano).

Discorso simile per l’altra proposta economica principale della coalizione, la Flat tax della Lega. Il libro è di Armando Siri Flat tax. La rivoluzione fiscale in Italia è possibile. Siri, responsabile economico di “Noi con Salvini”, e già autore di libri politici (L’Italia nuova, che è una lunga intervista immaginaria a Silvio Berlusconi) e filosofici (La luce e l’ombra, in cui “racconta la visione di un mondo in cui tutto è possibile a condizione di volerlo”), in questo saggio sulla Flat tax possibile non fa altro che riscrivere le tesi di un classico degli anni 80, Flat tax degli economisti della Hoover Institution Robert Hall e Alvin Rabushka. Come per il reddito di cittadinanza del M5s, anche la Flat tax leghista è uscita un po’ malformata: infatti, nel contratto di governo, la tassa che per definizione deve avere una sola aliquota, di aliquote ne ha due (una al 15 e l’altra al 20 per cento). In compenso le imposte sulle società che adesso sono “flat”, a una sola aliquota, secondo il programma passeranno anche loro a due aliquote. Per capirci di più sul tema è il caso di ricorrere a Nicola Rossi, economista all’Università di Roma Tor Vergata, che nel recente Flat tax: aliquota unica e minimo vitale (Marsilio) espone una seria e possibile riforma fiscale con una sola aliquota ma senza fare deficit (perché quello, prima o poi, tocca pagarlo).

Sempre per restare nel campo dell’economia, ci sono due libri che vanno letti in coppia perché si integrano e rappresentano sia il M5s che la Lega. Uno è Gangbank (Piemme) di Gianluigi Paragone, in cui l’ex giornalista e conduttore della “Gabbia”, ora senatore M5s, va all’attacco del “sistema di saccheggio instaurato dalle élite – colossi bancari, fondi d’investimento, agenzie di rating, multinazionali – che controllano la finanza globale”. L’altro è Il tramonto dell’euro (Imprimatur) di Alberto Bagnai, in cui l’economista dell’Università di Pescara che ha indicato la linea politica no-euro alla Lega annuncia la fine della moneta unica e la via d’uscita. Nel frattempo l’euro non è tramontato (il libro è del 2012), ma Bagnai è entrato in Parlamento come senatore della Lega e ha abbandonato (momentaneamente) l’idea di uscire dall’eurozona come unica via di salvezza. All’orizzonte si vede quindi un futuro radioso per entrambi, l’euro e Bagnai. Per capire cosa non torna nelle tesi di Paragone e Bagnai è il caso di sfogliare Numeri e favole l’economia nel paese di santi, poeti e navigatori (Egea) di Alberto Bisin, in cui l’economista della New York University ricorda a noi poveri Pinocchio che in giro ci sono tanti gatti e volpi che vogliono convincerci a sotterrare gli zecchini d’oro nel Campo dei miracoli: “La cattiva economia è come la cattiva medicina: può fare molto male, anzi peggio”.

Le teorie miracolistiche più affascinanti sono sicuramente quelle in campo monetario. In una bozza del programma giallo-verde abbiamo addirittura visto una richiesta alla Banca centrale europea di cancellare 250 miliardi di debito pubblico italiano, una cosa che ha fatto cascare la fiducia dei mercati e le palle degli occhi a banchieri centrali di tutta Europa. La proposta di cancellazione è stata subito cancellata, ma è rimasta nel programma un’altra proposta creativa: i “minibot”. Si tratterebbe dell’emissione di “titoli di stato di piccolo taglio”, che non dovrebbero essere conteggiati come debito, da usare come secondo conio o moneta parallela. L’idea è audace, ma così com’è stata messa appare un po’ bislacca, non foss’altro perché l’idea di una “moneta fiscale” è già stata definita illegale dalla Banca d’Italia. In quest’idea si intravedono le teorie di Giacinto Auriti, un signore abruzzese che ha inventato una teoria personale sul “valore indotto della moneta” e che nella sua cittadina condusse un esperimento emettendo una moneta parallela (il Simec) dagli esiti fallimentari. In questo caso bisogna ricorrere a Contro il negazionismo: perché in economia serve più rigore scientifico (Egea), recente saggio degli economisti Pierre Cahuc e André Zylberberg: “L’opinione pubblica non solo non è adeguatamente informata ma, spesso, disattenta e alla ricerca di risposte facili, cade vittima di credenze errate e in contrasto con il consenso scientifico. Paradossalmente, il fenomeno sembra essersi accentuato con la diffusione di Internet. Il problema esiste in tutti i campi ma è particolarmente rilevante in economia”.

Quando si tocca il tema della disinformazione scientifica non si può non parlare di vaccini. Anche in questo caso Lega e M5s, i due partiti che più di tutti si sono battuti contro l’obbligo vaccinale e hanno diffuso teorie bislacche, hanno i loro intellettuali di riferimento. Per il M5s è sicuramente Beppe Grillo, che sul blog e negli spettacoli poi divenuti libri e dvd, ha più volte descritto i vaccini come farmaci inutili e addirittura dannosi, legandoli all’insorgenza dell’autismo. Il guru di Matteo Salvini sul tema è Paolo Bellavite, professore presso l’Università di Ngozi nel Burundi e punto di riferimento del mondo free-vax (ovvero antivaccinista), autore del libro Vaccini sì, obblighi no che a dispetto del titolo diffonde molti dubbi sulle vaccinazioni. Su questo tema, per vaccinarsi dagli anti-vaccinisti, l’autorità divulgativa massima è il virologo del San Raffaele Roberto Burioni. Bisogna solo scegliere tra i suoi due successi editoriali, Il vaccino non è un’opinione oppure La congiura dei somari (anche se è meglio entrambi).

Facciamo un salto indietro e torniamo all’economia, reparto imprese e lavoro. Sul primo lato, un libro di successo di grande ispirazione per la coalizione giallo-verde è Lo stato innovatore di Mariana Mazzucato (Laterza), in cui l’economista della University of Sussex sostiene che nelle economie avanzate è lo stato che deve guidare l’innovazione e investire nella frontiera tecnologica. E’ da qui che viene la “startup nation” di Luigi Di Maio, che anche lui, come spesso ricorda, era uno startupper e magari con uno stato imprenditore a metterci i soldi sarebbe potuto diventare il nostro Steve Jobs (ma non l’avremmo avuto nel governo del cambiamento). Naturalmente l’idea dello “stato innovatore” è stato tradotto nel contratto con la nazionalizzazione di Alitalia, che è quanto di più rientra nella tradizione della politica industriale italiana. Sul tema, a chi ha dimenticato i panettoni di stato, conviene dare una letta a Scegliere i vincitori, salvare i perdenti. L’insana idea della politica industriale (Marsilio) di Franco Debenedetti.

Per quanto riguarda l’occupazione, un faro nel mondo del M5s è sicuramente Domenico De Masi, consulente del M5s sui temi del lavoro, autore del libro Lavorare gratis, lavorare tutti (Rizzoli), in cui il sociologo consiglia ai disoccupati di lavorare gratis per spaccare il mercato e farsi cedere un po’ di lavoro da chi è occupato. La teoria è suggestiva, per certi versi è opposta al reddito di cittadinanza (lì si tratta di essere pagati senza lavorare, qui di lavorare senza essere pagati). Per chi vuole contrapporsi a entrambe le idee può tornare utile Premiare il lavoro (Laterza), un saggio del premio Nobel per l’economia Edmund Phelps che ha una ventina d’anni ma è ancora attuale per l’impostazione di mercato con cui si cercano soluzioni per dare opportunità lavorative agli emarginati.

Sul lato della visione dello sviluppo sia M5s sia Lega riprendono molti concetti dal filone comunitarista e anticapitalista, da Serge Latouche La scommessa della decrescita (Feltrinelli) a Ernst Schumacher Piccolo è bello (Mursia) passando per Carlin Petrini Buono, pulito e giusto (Giunti) e Ugo Mattei Beni comuni, un manifesto (Laterza). Su questo campo, per ricordare ai gialloverdi che si stava peggio quando si stava peggio e che proprietà privata e libero scambio hanno portato benefici per tutti, bisogna ricorrere ad Alberto Mingardi L’intelligenza del denaro (Marsilio), Luca Simonetti Contro la decrescita. Perché rallentare non è la soluzione (Longanesi) ed Ermanno Vitale Contro i beni comuni, una critica illuminista (Laterza).

Sul campo della filosofia politica e della geopolitica, l’alleanza M5s-Lega guarda in due direzioni: la Russia e il Sudamerica. Un faro intellettuale per la Lega di Salvini è sicuramente Alexander Dugin, autore de La quarta teoria politica (NovaEuropa Edizioni), in cui il politologo putiniano indica una via tradizionalista ed eurasiatica per superare le ideologie dell’Otto-Novecento. Sulla stessa lunghezza d’onda rossobruna c’è il francese Jean-Claude Michéa (Notre ennemi, le capital) e l’italiano Diego Fusaro, che pubblica con Einaudi e Bompiani. Contro questa sinistra reazionaria basta recuperare i classici del liberalismo oppure, per stare più aggiornati, gli ultimi libri di Steven Pinker Enlightenment now e Matt Ridley The evolution of everything. La parte sudamericana dell’alleanza, che riguarda soprattutto il M5s, riprende le contrapposizioni alto/basso e popolo/élite dell’argentino Ernesto Laclau (La ragione populista) che con le sue teorie ha influenzato il socialismo latinoamericano di Chàvez, Morales e Correa. Visto che i risultati di quelle esperienze sono tutt’altro che positivi e che l’Italia si sta sempre più sudamericanizzando, bisogna portarsi avanti per capire cosa rischia di capitarci dal punto di vista economico e culturale. E quindi procurarsi due libri difficili da trovare: The macroeconomics of populism in Latin America degli economisti Rudi Dornbusch e Sebastian Edwards e, soprattutto, Il manuale del perfetto idiota latinoamericano del Nobel per la Letteratura Mario Vargas Llosa.

da Il Foglio, 19 maggio 2018

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