Bisogna «liberalizzare» gli istituti

La valutazione dell'offerta didattica è intrinsecamente un esercizio fallace

26 Febbraio 2015

Panorama

Serena Sileoni

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Nella «Buona Scuola» campeggia, tra le altre, l’idea di valutare il Corpo docente in base al merito. Una ovvietà, in termini di principio. Chi mai può essere contrario? Il punto è come sì fa. Gli scatti di anzianità, così lontani dall’ideale meritocratico, sono nati proprio sull’idea che la qualità della prestazione fosse proporzionale all’esperienza.

La riforma del merito si sostanzierà probabilmente nell’introduzione di valutazioni periodiche e crediti formativi e didattici, sulla scia in parte di quanto sta avvenendo nel settore universitario. Dell’annuncio di una «buona scuola» fondata sul merito restano due perplessità, una di coerenza interna, l’altra più generale. Dal punto di vista della coerenza, mentre il governo dichiara la fine dei reclutamenti straordinari e il regime concorsuale, tipicamente meritocratico, provvede anche a stabilizzare 150 mila precari. Per risolvere una situazione di eccezionalità perenne, il piano, anch’esso eccezionale, deroga fin da subito al principio: meritocratico dell’assunzione per concorso. 

Da un punto di vista più generale, la valutazione dell’offerta didattica è intrinsecamente un esercizio fallace. Non solo perché l’apprendimento è un’attività infinita e incasellarlo in valutazioni preconfezionate è un attività per definizione incompiuta. Ma anche perché la «bontà» di un insegnante, il suo merito e le ricadute che la sua attività avranno sugli adulti di domani sfuggono a unità di misura oggi.

Meccanismi di verifica periodica e costante e conseguenti premialità sono certamente, e in astratto, uno stimolo a lavorare bene e meglio, purché si sia consapevoli che nessuna valutazione sarà mai perfetta. Ma anche questa è una ovvietà. Rispetto all’imprevedibilità del fenomeno dell’apprendimento, l’unico antidoto è dare lo spettro più ampio di possibilità di scelta. L’autonomia scolastica e le scuole private ne sono indici. Ma si può fare ancora molto in Italia, ad esempio riconoscendo l’home schooling o le scuole libere, autonome nell’offerta didattica anche se finanziate dallo Stato.

Da Panorama, 26 febbraio 2015

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