La Robin Hood Tax è una risposta inefficace e populista a un problema serio, che rischia di condurre il nostro paese fino in fondo sulla via lastricata di buone intenzioni.
14 Luglio 2008
Argomenti / Ambiente e Energia , Politiche pubbliche
Piercamillo Falasca
Carlo Stagnaro
Direttore Ricerche e Studi
Nel paper, gli autori analizzano nel dettaglio le principali misure contenute nella Robin Tax, e ne valutano conseguenze ed effetti, osservando come l’aggravio aggiuntivo a cui le imprese del settore energetico saranno soggette potrà riversarsi su consumatori, investitori e azionisti, con effetti verosimilmente deleteri.
La Robin Hood Tax è un provvedimento populista, criticabile sotto diversi punti di vista. La nuova imposta non risolve alcuno dei problemi esistenti nel settore energetico, mentre ne crea di nuovi determinando distorsioni e un aggravio della pressione fiscale che può disincentivare gli investimenti. Non è possibile individuare dei profitti “extra” o “eccessivi” in un Paese come l’Italia dove il settore energetico è poco sviluppato nell’upstream e molto sbilanciato verso il downstream; gran parte del gettito non viene impiegato a favore delle fasce sociali esposte al caro petrolio, quindi non è sostenibile neppure la tesi dell’equità della Robin Tax. Di fronte a una crisi energetica attuale, sarebbero auspicabili provvedimenti anticiclici, per esempio una riduzione delle imposte sui redditi da lavoro. In ogni caso, il gettito della tassa – anziché andare ad alimentare la spesa corrente – potrebbe essere più utilmente impiegato, per esempio, per abbattere il debito pubblico o per finanziare riduzioni della pressione fiscale.