12 Dicembre 2021
Il Giornale
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
Argomenti / Ambiente e Energia
Sembra impossibile, eppure è così. Secondo gli intenti della Commissione europea, dal 2027 non sarà possibile vendere né affittare gli immobili che consumano più energia: quelli inferiori alla classe E; e dal 2030 finiranno nella stessa situazione pure gli immobili in una classe inferiore alla C. Gli eurogovernanti stanno predisponendo tutto ciò per ridurre il consumo dei combustibili fossili, favorendo quella «green transition» di cui ormai si parla in maniera ossessiva. Il primo risultato sarà l’impoverimento dei proprietari.
Chi ha comprato un’abitazione, magari pensando di ricavare una sorta di pensione da tali risparmi, sarà penalizzato: dovrà destinare ingenti risorse e moltissimo tempo alla riqualificazione della sua casa. C’è l’idea che tutti si debba consumare meno: come se l’energia fosse una quantità definita e posseduta dall’intero genere umano, per cui se io ne uso di più per scaldare la mia abitazione ne sto togliendo ad altri. Le cose non sono così, dato che l’energia è il risultato dell’attività umana: si tratta di un bene privato e commerciabile che, grazie allo sviluppo tecnologico, può essere sempre più disponibile. Oltre a ciò, il progetto collettivista della Ue pretende di legittimarsi a partire dalla retorica sul «cambiamento climatico».
Il nuovo bigottismo propagandato dalla sacerdotessa Greta è sfruttato per costruire una politica economica ultra-centralizzata, invasiva e autoritaria, grazie alla quale i gruppi di pressione più forti (gli attori della nuova industria «verde») sono in condizione di ottenere quanto vogliono. Nei fatti, già il semplice annuncio di tutto ciò sta portando a un deprezzamento di 20 milioni di abitazioni italiane, mentre a trarne beneficio sono le imprese costruttrici allineate con la retorica ambientalista. E possiamo immaginare come ciò sarà ancora più chiaro quando dalle proposte si passerà ai fatti.
Tale menomazione del diritto di proprietà comporta un restringimento della libertà individuale. Se non possiamo disporre della nostra casa e se il ceto politico-burocratico si considera legittimato a stabilire entro quali limiti quell’abitazione è nostra, ogni autonomia è venuta meno. E a questo punto c’è solo da sperare che si costituisca un ampio fronte contro questo progetto che colpisce un po’ tutti, ma in particolare la piccola borghesia e i ceti popolari: ossia, le fasce più deboli della società.
da Il Giornale, 12 dicembre 2021