C'è l'ok dalla Regione per il referendum sull'orario dei negozi

Così si penalizza il principio stesso della libertà di concorrenza, di cui la libertà di scegliere quando essere aperti è solamente uno degli aspetti

24 Settembre 2014

Il Giornale

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Una richiesta di referendum per abrogare la legge nazionale che ha liberalizzato gli orari di apertura dei negozi è stata votata ieri dal consiglio regionale che ha fatto della Lombardia la terza Regione dopo Veneto e Molise ad averla avanzata. Ora ne mancano due, visto che da dettato costituzionale ne servono almeno cinque per presentare la proposta alla Corte di cassazione.

A favore i gruppi di maggioranza, cui si sono aggiunti Partito Democratico e Movimento 5 Stelle, contrari Patto Civico e a titolo personale il consigliere Giulio Gallera (Fi). In Umbria la proposta è ancora in commissione, mentre in Abruzzo l’aula ha detto sì al testo, ma l’approvazione non è più utile perché è stata votata a dicembre e quindi troppi mesi prima delle altre regioni. Sciolto, invece, il consiglio regionale della Calabria dove l’iter era già a buon punto. Relatore del provvedimento che vorrebbe cancellare la legge introdotta dal governo Monti nel dicembre del 2011 e che toglieva a Regioni ed enti locali la facoltà di pianificazione è il presidente leghista della commissione Attività produttive Angelo Ciocca. «Le domeniche aperte ha spiegato da agevolazione sono diventate esagerazione. Pochi sono quelli che hanno necessità di fare la spesa proprio la domenica e andare al centro commerciale è diventato solo una costosa abitudine. Recuperiamo piuttosto il piacere di una passeggiata nei nostri bei paesi o in campagna».
Per Gallera, invece, «una scelta sbagliata che soprattutto in un momento di crisi per le famiglie costerà 3 milioni di posti di lavoro e 470 milioni di euro di danni ogni anno alla nostra economia».

Secondo Federdistribuzione «la liberalizzazione degli orari dei negozi sancita dal Salva Italia deve essere difesa a ogni costo, rappresentando un miglioramento del servizio al consumatore, un impulso al sostegno dei consumi, un’opportunità per distribuire più salari e per sostenere i livelli occupazionali creando anche nuovi posti di lavoro».
Per Ciocca, invece, con la legge in vigore si è creata «una deregulation che ha finito per discriminare i piccoli commercianti e le imprese familiari» e il capogruppo di Forza Italia Claudio Pedrazzini ha evidenziato che per questo è «giusta la strada referendaria».
Anche Riccardo De Corato (Fratelli d’Italia) ha spiegato che le norme nazionali «hanno provocato una vera e propria emorragia di chiusure» soprattutto di negozi di vicinato. A favore della proposta referendaria anche il Partito democratico e il Movimento 5 stelle. «La liberalizzazione senza regole e senza vincoli ha sostenuto il capogruppo del Pd Enrico Brambilla -, ha creato diversi problemi, dalla concorrenza insostenibile tra piccoli esercizi e grande distribuzione, alla scarsa tutela dei diritti dei lavoratori».
I grillini, invece, hanno auspicato che «a questo voto favorevole segua al più presto anche un dibattito pubblico aperto sul tema».

Per Serena Sileoni, vice direttore dell’Istituto Bruno Leoni, «la Camera dei deputati ha avviato l’esame di un progetto di legge destinato a ripristinare le chiusure obbligatorie ai negozi. Il progetto mette in discussione non solo la liberalizzazione degli orari da poco vigente nel nostro ordinamento, ma il principio stesso della libertà di concorrenza, di cui la libertà di scegliere quando essere aperti è solamente uno degli aspetti».

Da Il Giornale, 24 settembre 2014

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