9 Aprile 2020
Il Giornale
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
Argomenti / Teoria e scienze sociali
Cosa ci insegna il ponte crollato ad Aulla, dove non ci sono stati morti solo perché a causa della pandemia sanitaria il traffico è ormai quasi scomparso e quindi sul viadotto vi erano solo due furgoncini?
Quanto è avvenuto mostra quanto sia falsa la tesi, ripetuta dalle forze di governo, secondo cui «pubblico è sempre bello» e invece i privati sono soltanto squali senza principi e senza valori.
Quella struttura è crollata, di tutta evidenza, perché alcuni funzionari di Stato non hanno fatto bene il loro lavoro. Secondo l’Anas stessa incaricata di valutarne lo stato nell’agosto scorso «il ponte è stato oggetto di sopralluoghi e verifiche periodiche, anche rispetto a segnalazioni degli enti locali, che non hanno evidenziato criticità».
Questo significa che, con ogni probabilità, chi ha esaminato il ponte non è stato all’altezza, dato che non ha visto quello che avrebbe dovuto vedere. Il che non vuole dire, ovviamente, che non vi siano dipendenti pubblici seri e scrupolosi, ma certo è assurdo continuare a difendere quell’ideologia statolatrica che ha invaso la società italiana e che sta traducendosi in una fitta serie di misure volte a limitare la libertà individuale e la concorrenza.
In questi giorni, a più riprese Marco Travaglio, molto vicino all’esecutivo Conte e sempre più interprete di una visione basata sulla centralità del potere, in varie occasioni ha ripetuto urbi et orbi il nuovo vangelo, secondo cui è venuto il momento dello Stato e delle industrie nazionalizzate, di quella sanità statale che sarebbe ancora migliore se non vi fosse l’evasione fiscale, di quella burocrazia che è al nostro servizio perché non persegue il profitto, come invece fanno le imprese private.
Un’ideologia siffatta è smascherata dai fatti ed è figlia di una cultura che non apprezza la responsabilità, né comprende il ruolo della libera impresa. Anche i funzionari sbagliano, allora, quando non lavorano seriamente. E la stessa campagna lanciata contro i modelli sanitari che cercano d’introdurre una qualche competizione tra pubblico e privato (come da decenni fa la Lombardia, dove negli anni scorsi sono venuti milioni di pazienti da ogni parte d’Italia) è figlia del pregiudizio di chi non sa distinguere tra quanti lavorano bene e quanti lavorano male.
La statistica, invece, ignora ogni partigianeria. Quanti allora riflettono sulla società dovrebbero abbandonare quei paraocchi ideologici che impediscono loro di capire il mondo in cui viviamo.
da Il Giornale, 9 aprile 2020