Caro energia, scenario attuale e prospettive future

L'aumento dei prezzi può frenare la ripresa post pandemia?

17 Dicembre 2021

Genova impresa

Carlo Stagnaro

Direttore Ricerche e Studi

Argomenti / Ambiente e Energia

Piccola Industria Confindustria Genova, in collaborazione con la Sezione Risorse energetiche, ha organizzato il convegno “Caro energia. L’aumento dei prezzi può frenare la ripresa post pandemia?”, che si è svolto il 25 novembre scorso presso la sede di Cosme Spa. Tra i relatori del convegno è intervenuto Carlo Stagnaro, Direttore delle Ricerche dell’Istituto Bruno Leoni ed esperto in tema di energia e liberalizzazioni. Riportiamo di seguito i principali passaggi della sua relazione.

Questo convengo era stato inizialmente pensato come una riflessione sul funzionamento del mercato finale della vendita dell’energia elettrica e del gas. Ci siamo però resi conto che non si poteva affrontare questo tema senza inquadrarlo nella questione più generale di ciò che sta succedendo sul mercato e dell’andamento dei prezzi, che è dettato in gran parte da quanto accade nei mercati a monte. Quali sono le ragioni del caro energia?

La prima è la sfortuna: si sono presentate contemporaneamente una serie di circostanze – alcune delle quali hanno una componente di lungo termine mentre altre sono puramente legate all’attualità – che si sono verificate tutte insieme. La causa più profonda di quello che si sta verificando, poi, è la più antica del mondo: lo squilibro domanda-offerta. Questo squilibrio nasce in realtà da una buona notizia, cioè dal fatto che l’attività economica in Italia, in Europa e nel mondo si è ripresa dalla batosta del Covid più rapidamente di quanto tutti pensassimo. C’è però anche una componente meno gradevole dello squilibrio che stiamo vivendo. È legata al fatto che nell’arco degli ultimi anni gli investimenti nello sviluppo di nuova capacità produttiva in particolare di gas, che è l’elemento cruciale della nostra storia di oggi, sono stati relativamente bassi. E quindi, a fronte di una domanda che è cresciuta oltre l’aspettativa, abbiamo un’offerta che è rimasta a livelli inadeguati. Perché è tanto importante parlare di gas se l’oggetto della riflessione di oggi è concentrato soprattutto sull’energia elettrica?

Perché il meccanismo di formazione dei prezzi all’ingrosso dell’energia elettrica in Italia e in Europa segue regole che fanno sì che il prezzo rifletta il costo dell’impianto che in quel momento entra in esercizio con maggiori costi marginali. In questo contesto, ci siamo trovati quindi nella condizione in cui l’offerta di gas è stata ed è insufficiente rispetto alla domanda e questo ne fa aumentare il prezzo. Contemporaneamente, e qui entra la dimensione della sfortuna, c’è stata una scarsa ventosità soprattutto nel mare del nord nelle scorse settimane, che ha portato anche a una riduzione significativa dell’offerta di energia da fonti diverse dal gas, in particolare da fonte eolica. Tutto questo non solo ha determinato il disequilibrio che stiamo vivendo, ma lo ha anche fatto amplificare, perché più aumenta il prezzo del gas e più aumenta la convenienza di utilizzare energia da fonti alternative.

Le fonti rinnovabili però non sono controllabili in senso stretto, perché non siamo noi a regolare il vento e il sole, ed è stato purtroppo un anno in cui la ventosità è stata più lieve del solito e ora, in inverno, scarseggia anche il sole. Così, molti produttori europei che ne avevano la possibilità hanno cominciato a consumare più carbone di quanto non si facesse prima, facendo crescere il prezzo anche di quest’ultimo. Ma non solo: sono aumentate le emissioni di CO2, che viene rilasciata in grande quantità dalla combustione del carbone. Nel sistema europeo del cosiddetto Emissions Trading System, che è un meccanismo finalizzato a ridurre le emissioni, l’aumento delle emissioni fa crescere il costo sottostante: ecco un altro driver che amplifica l’effetto del caro prezzo.

Già in passato abbiamo osservato prezzi dell’energia elettrica estremamente elevati, superiori al 100 o addirittura 200 euro per megawattora, ma mai negli ultimi vent’anni ci siamo trovati in una situazione di prezzi così alti – superiori ai 200/300 megawattora in quasi tutta Europa – per un periodo così lungo. Le cause sopracitate, infatti, sono senza precedenti non solo in valore assoluto, ma soprattutto per la loro durata. I prezzi dell’energia elettrica si formano su una piattaforma di trading, in cui vengono costruite una curva di domanda e una curva di offerta. Quest’ultima viene costruita ordinando i costi di produzione di tutti gli impianti che devono entrare in esercizio per soddisfare la domanda in ciascuna ora del giorno e in ciascun giorno dell’anno. Il prezzo che viene assegnato all’energia elettrica all’ingrosso corrisponde ai costi di generazione dell’ultimo impianto che soddisfa la domanda in quel momento, e tutti gli altri impianti che pure hanno costi di generazione mediamente inferiori vengono remunerati a quel prezzo. Questa regola è stata istituita perché vent’anni fa era razionale fare così, perché si dovevano incentivare gli investimenti. Più passa il tempo e più vale la pena chiedersi se abbia senso mantenere questo sistema o se non sia meglio adottare un sistema che remunera l’energia al costo effettivo di ciascun impianto.

Ma passiamo agli effetti del caro energia. Quali sono? In realtà il caro energia è a sua volta un effetto, è sbagliato guardare a un aumento dei prezzi come qualcosa di esogeno, come un asteroide che ci colpisce dall’esterno. L’aumento dei prezzi di un qualunque bene è la conseguenza di uno squilibrio tra domanda e offerta. L’aumento dei prezzi è essenzialmente uno strumento, un veicolo attraverso cui il mercato trasmette delle informazioni. A chi? Anzitutto ai soggetti che sono attivi o possono essere attivi dal lato dell’offerta: quello che ci dice la situazione attuale è che c’è bisogno di maggiori investimenti per aumentare l’offerta di energia, sia da fonti convenzionali che rinnovabili.

La seconda conseguenza è dire a coloro che consumano energia, come le aziende, che bisogna migliorare l’efficienza dei processi produttivi, cercando di rendersi più efficienti dal punto di vista dell’uso dell’energia perché oggi, e verosimilmente ancora per un po’, sarà una risorsa scarsa. Facile a dirsi, certo, ma investire nell’efficientamento energetico non è qualcosa di rapido e, a seconda delle specificità di ciascun processo produttivo, non è nemmeno semplice. E quindi cosa si può fare per difendersi? Purtroppo in parte il problema resterà finché non si sarà risolto lo squilibrio domanda-offerta, in parte però qualcosa si può fare: cercare di sfruttare le opportunità derivanti dalla liberalizzazione del mercato. La possibilità di scegliere offerte di tipo diverso anzitutto consente di decidere quale grado di esposizione al rischio-prezzo si vuole avere. Tante famiglie e imprese hanno sottoscritto offerte a prezzo fisso per avere una certezza sul livello dei prezzi. Chi lo ha fatto ad esempio l’anno scorso oggi può dormire sonni tranquilli (il che non vuol necessariamente dire che sottoscrivere oggi un’offerta a prezzo fisso sia altrettanto conveniente).

Secondariamente, la liberalizzazione – se convive con un mercato sufficientemente dinamico e concorrenziale e adeguatamente controllato dalle istituzioni preposte – può portare a limitare le posizioni di vantaggio che in alcuni contesti i venditori possono avere. Certamente quello che abbiamo osservato negli scorsi mesi con il superamento dei prezzi cosiddetti “di maggior tutela” è che le piccole imprese che si sono mosse al sistema delle tutele graduali ne hanno tratto un vantaggio.

Infine, il fatto di cambiare la natura del rapporto commerciale tra le imprese e famiglie consumatrici e le imprese che vendono energia presuppone anche una trasformazione nella natura merceologica del bene scambiato. Per fare un piccolo esperimento mentale, cercate di ricordare un contratto telefonico di vent’anni fa: aveva per oggetto lo scambio di una commodity (minuti di conversazione), l’obiettivo del venditore era fare sì che voi parlaste il più possibile, il vostro era invece quello di parlare il meno possibile per risparmiare. In qualche modo oggi i contratti dell’energia elettrica e del gas hanno ancora questa forma.

Così come il mercato della telefonia è cambiato radicalmente in questi anni, allo stesso modo questo può accadere nel mondo dell’energia, e in parte sta già accadendo sotto due direttrici importanti: la prima è che nei contratti di fornitura è sempre più vero che l’oggetto principale del contratto è qualcosa di diverso rispetto alla mera fornitura di energia elettrica. Comprende per esempio hardware, consulenze sull’efficienza energetica, il tentativo di fornire un servizio come gradi di riscaldamento e climatizzazione. Inoltre, poiché il sistema elettrico ha una serie di caratteristiche che devono essere mantenute in costante equilibrio per il suo funzionamento, questo è stato tradizionalmente ricercato lavorando sull’aumento e la diminuzione della produzione di energia in base alla domanda.

Oggi però si può lavorare anche sul lato della domanda: si possono sfruttare le nuove tecnologie – dai contatori di seconda generazione alle piattaforme digitali – per valorizzare la disponibilità dei consumatori di ridurre la domanda in un determinato momento. Questo tipo di pratica già esiste nel mercato italiano e nella maggior parte dei mercati europei e riguarda soprattutto i grandi consumatori di energia, che ovviamente possono istantaneamente dare un significativo servizio al sistema riducendo il carico domandato, ma sta diventando qualcosa che riguarda sempre più anche i piccoli e medi consumatori. Il loro contributo al sistema sarà ovviamente più ridotto, ma essendo aggregati possono fare la differenza (anche solo alzando o abbassando la temperatura di mezzo grado, anticipando o posticipando un processo produttivo all’interno delle proprie imprese…). Possono dare un servizio al sistema, naturalmente in cambio di una remunerazione.

Morale della favola: la situazione in cui ci troviamo è estremamente complessa e sarebbe ingenuo cercare di nasconderlo. È una situazione che nasce da cause profonde legate a domanda-offerta e quindi non si troverà una soluzione senza che si raggiunga un riequilibrio. Questo però non significa che non ci siano opportunità che vanno valorizzate e utilizzate, almeno per limitare i danni che inevitabilmente ci sono e ci saranno.

da Genova Impresa, dicembre 2021

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