I ceti medi delusi non votano. Tornano alle urne solo i «sussidiati»

L'istituto Bruno Leoni: i ristori non funzionano, gli imprenditori vogliono lavorare

16 Giugno 2021

Il Giornale

Argomenti / Teoria e scienze sociali

La politica del divano si sta dimostrando, almeno a breve termine, foriera di buoni propositi elettorali per tutti quei sussidiati che prima si dichiaravano riluttanti a recarsi alle urne. Cresce invece la propensione all’astensionismo nel ceto medio, tra professionisti e partite Iva, mentre tornano a votare i percettori del reddito di cittadinanza, reddito di emergenza e indennità di disoccupazione. Altrettanto i pensionati. I tutelati dallo stato insomma che si dimostrano riconoscenti all’assistenzialismo.

Cambia però in parte la platea dell’elettorato propenso a non votare. Si riduce la motivazione dei giovani, ma anche quella dei 35-44enni: la fascia d’età attualmente più critica nei confronti della politica, come riporta il sondaggio svolto da Swg che identifica l’opzione del non voto come piuttosto radicata. Buona parte di coloro che non avevano votato alle ultime elezioni Europee riconfermerebbe la scelta o non saprebbe a chi esprimere il proprio consenso.

Una tendenza considerevolmente crescente che la ricerca dell’Istituto valuta passare dal 27% del 2018 (le ultime elezioni politiche) al 32% di oggi. Questo aumento è dovuto ai giovani professionisti lavoratori autonomi, piccoli imprenditori e microimprese. «Tutti coloro che non si sentono tutelati né riconosciuti nell’impegno economico: le micro e nano imprese partecipano all’ossatura del Paese in maniera sostanziale ma sono devalorizzate senza i ristori dovuti, non indispensabili, inevitabile scegliere l’astensione – commenta il presidente del Pin (Partite Iva Nazionali) Antonio Sorrento -. Senza contate che il non voto è incentivato anche da coloro che hanno deciso di lasciare l’Italia per andare in Albania, Bulgaria, Ungheria. Dopo la fuga dei cervelli l’Italia vedrà anche quella degli imprenditori».

Una crisi peggiore di quella congiunturale del 2008? «Nel 2008 c’era la speranza nella realizzazione dei consorzi di cooperative con tanto di sgravi fiscali, nel 2012 il governo ha licenziato la legge antisuicidio per fornire aiuti agli imprenditori in enorme difficoltà – incalza Sorrento – : anche se sappiamo bene che lo Stato deve intervenire prima che l’ecatombe accada. Ora abbiamo davanti agli occhi solo la fallimentare politica dei Cinquestelle».

Quanto al linguaggio della politica e alla sua efficacia percepita dall’elettorato attivo, il professore Alberto Mingardi, docente di Storia delle dottrine politiche alla Iulm di Milano e direttore dell’Istituto Bruno Leoni, spiega: «I leader politici italiani provano ossessivamente a parlare al cittadino con un linguaggio iper semplificato e sono tutti, ciascuno a suo modo, dei populisti. Ci sono forse qui due questioni differenti. Da una parte, il populismo è anzitutto uno stile, è tutta comunicazione. E questo le persone forse lo hanno capito. Dall’altra, la politica è percepita come qualcosa che conta sempre di meno nella vita di ciascuno. A dispetto dei sussidi e dei ristori, soprattutto i giovani sanno che non è dalla politica che verranno le risposte ai problemi che sentono più rilevanti. Una volta l’attivismo, la partecipazione, erano una sorgente di senso per le persone. Ora non è più così. Ed è un bene».

Tornando alla generazione dei sussidiati, dalla valutazione di Mingardi costoro sono «disponibili a lottare per preservarla». «Non è sorprendente – commenta il direttore del Bruno Leoni -, però ci fa capire quanto sarà difficile riformare il reddito di cittadinanza. Di contro l’ultimo anno ha visto molte persone attraversare difficoltà serissime e fino a poco tempo fa imprevedibili. Si è pensato di rispondere ad esse attraverso i cosiddetti ristori. Partite Iva, ristorazione, commercio desiderano poter lavorare, non essere sussidiati». Tuttavia il cantiere per modificare l’Rdc è avviato: presto dovrebbero cambiare importi e requisiti.

Da Il Giornale, 16 giugno 2021

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