22 Gennaio 2016
Il Giornale
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
Argomenti / Teoria e scienze sociali
Chiamato a parlare per conto dell’Istituto Bruno Leoni ad alcune classi delle superiori nel quadro di un progetto dell’Associazione delle banche italiane che vuole avvicinare i giovani all’economia, mi sono trovato al numero 4 di via delle Botteghe Oscure, in quel palazzone di Roma che da quando Togliatti nel 1946 lo comprò ha ospitato i vertici del vecchio Partito comunista. E subito mi sono chiesto cosa permanga di quell’universo, quando un innamorato del mercato si trova a fare lezione su cooperazione spontanea e profitto capitalistico dove per decenni si era lavorato per realizzare il socialismo.
La crisi della sinistra non è stata una cosa da poco. Ha obbligato molti a disfarsi di busti, libri e bandiere, e in qualche caso ha costretto perfino a vendere immobili ad alto valore simbolico. Così negli anni scorsi il palazzo di Togliatti, Ingrao e Berlinguer è stato messo sul mercato e oggi è dell’Abi. E se Margaret Thatcher amava dire che Marks & Spencer (nota catena commerciale inglese) avevano sconfitto Marx & Engels, in Italia dobbiamo constatare che quanti avrebbero voluto eliminare le banche si trovano i banchieri in casa.
Nell’ingresso disegnato da Giò Pomodoro con la stella a cinque punte sul pavimento resta percepibile qualche traccia storica: il busto di Antonio Gramsci, una bandiera della Comune di Parigi e poco altro. Ma ogni cosa evoca un passato remoto, come i resti della Roma antica che s’incontrano di continuo quando si cammina in quei paraggi.
Il Pci è scomparso e non ha più sedi, eletti, potere. Resistono però i suoi eredi, che controllano imprese statali e sono al governo. E soprattutto è più presente che mai quella cultura che si manifesta di continuo nell’inerziale e acritico statalismo che accomuna le diverse famiglie politiche.
Qualche anno fa non avrei mai immaginato che sarebbe stato possibile parlare dei mirabili effetti della globalizzazione e degli scambi internazionali entro quelle mura. È, una soddisfazione, certamente, ma mitigata dal fatto che la fine del socialismo reale non ha in alcun modo infiacchito l’egualitarismo, lo statalismo selvaggio, l’ideologia della redistribuzione.
Bisogna dunque continuare a presentare alle giovani generazioni come fa l’IBL, al Bottegone e fuori gli argomenti a favore della proprietà, del commercio, della responsabilità. Solo così potremo realmente lasciarci alle spalle le ceneri di Gramsci.
Il Giornale, 3 dicembre 2015