Chi fa da sé non fa per te

In un sistema in cui le amministrazioni pubbliche devono provvedere a tutto, qualsiasi iniziativa spontanea rischia di essere abusiva

30 Aprile 2019

IBL

Argomenti / Diritto e Regolamentazione Teoria e scienze sociali

Sistemare le aiuole dei parchi pubblici, pulire i muri dalle scritte, riparare i cassonetti rotti e in generale prendersi cura degli spazi comuni è diventata negli ultimi anni una forma molto sentita di impegno civico. Ma è compatibile con la nostra aggrovigliata burocrazia e con un sistema di governo che pretende di badare a tutto quello che ci circonda?

C’è molta nobiltà d’intenti in questo attivismo e c’è un positivo messaggio di partecipazione ed educazione civica. Ma c’è anche un pericoloso abbaglio.
Ne sa qualcosa il sindaco del comune palermitano di Polizzi, che a sue spese ha sistemato e riaperto una strada chiusa da ben 13 anni. Dopo aver inutilmente sollecitato la città metropolitana persino con atti dimostrativi come trasferire l’ufficio in quella stessa strada, sotto una tenda, e incatenarsi all’ingresso del municipio per richiamare l’attenzione del sindaco della città di Palermo, il primo cittadino ha deciso, con indubbio senso civico e con ancor più senso pratico, di provvedere da sé. La strada è stata finalmente riparata senza spese per i contribuenti, ma con il lavoro prestato gratuitamente da alcune ditte che hanno risposto, con altrettanto spirito di solidarietà, alla richiesta di aiuto del primo cittadino. La città di Palermo, per tutta risposta, ha esposto una denuncia: a quanto si apprende, la sistemazione provvisoria della strada non avrebbe eliminato le condizioni di pericolo di frana e aver rimosso la relativa segnaletica di pericolo ha generato l’allerta delle autorità.

Chi si rimbocca le maniche va ammirato, siano i cittadini impegnati nel retake urbano quando i servizi comunali sono latenti, o sindaci stanchi di dover aspettare i tempi e le incuranze della PA che tutto dovrebbe e poco fa. Ma all’inadempimento della PA non può corrispondere l’entusiastica voglia di fare dei cittadini o la loro esasperazione. Non almeno finché la burocrazia non ammetta una volta per tutte di non saper e non poter fare ciò che spergiura sta a lei e a lei solo adempiere.

In un sistema in cui amministrazione e governi, compresi quelli locali, hanno per statuto l’obbligo di provvedere, qualsiasi altra iniziativa spontanea rischia di essere abusiva. Se qualcosa dovesse andare storto, se il ramo mal potato da un solerte cittadino dovesse cadere, se la strada volontariamente sistemata dovesse franare, la responsabilità continuerebbe ad essere in capo a chi avrebbe dovuto intervenire e non l’ha fatto. La denuncia delle autorità siciliane, in questo senso, è una strategia difensiva comprensibile, per quanto spiacevole nel mortificare una bella iniziativa.

Per valorizzare il senso civico delle persone non basta che la pubblica amministrazione sia indolente e incurante. Occorre che oltre a mostrare i suoi limiti li riconosca e, ammettendoli, accetti di fare un passo indietro.

30 aprile 2019

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