Chi vuole la pace non passa per i dazi

Se non si vuole limitare la libertà non si devono alzare barriere dinanzi alla volontà di singoli e imprese di cooperare liberamente

17 Marzo 2025

Il Giornale

Carlo Lottieri

Direttore del dipartimento di Teoria politica

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Il dibattito sulla guerra e sui dazi presenta contraddizioni speculari. Semplificando, da una parte c’è chi ritiene che si debba fare tutto il possibile per arrivare a individuare una conclusione ragionevole alla guerra russo-ucraina, ma al tempo stesso introduce dazi crescenti e assurdi ostacoli agli scambi.

Talvolta si può anche immaginare qualche eccezione strumentale in tema di barriere commerciali, se questo può servire a ottenere qualche specifico risultato: come nel caso della pretesa degli Stati Uniti di indurre il Messico a controllare meglio le frontiere. Se non si vuole restringere le libertà di tutti e indirizzare il mondo verso una crescente conflittualità, deve però essere chiaro che non vanno alzate barriere dinanzi alla volontà di singole e imprese di cooperare liberamente. Lavorare per una pacificazione generale e avviare «guerre commerciali» non ha alcun senso.

Al tempo stesso, quanti oggi attaccano Trump perché colpisce i prodotti europei dovrebbero essere consapevoli che l’Unione europea è da decenni in guerra commerciale con mezzo mondo (poiché ha costruito logiche autarchiche in vari settori) e che il bellicismo delle leadership europee è assai più pericoloso di qualsiasi ostacolo alla circolazione delle merci.

In tal senso, andrebbe recuperato un po’ del buonsenso e del realismo politico che caratterizzarono larga parte della politica estera del dopoguerra: da Giulio Andreotti a Silvio Berlusconi, per capirsi. In passato si è stati in grado di tenere buone relazioni con satrapie arabe o regimi socialisti non certo per cinismo, ma in ragione di un senso di responsabilità che tendeva a costruire nuovi ponti invece che a far saltare quelli vecchi. Le ideologie trascinano verso i disastri, mentre mostrare attenzione alle forze in gioco aiuta a cercare compromessi ragionevoli.

Nelle guerre è minacciato il fondamentale dei diritti inviolabili: quello alla vita. Per giunta, i conflitti sono occasioni straordinarie per gli Stati, che moltiplicano i loro poteri e dilatano il raggio d’azione, svuotando anche gli altri diritti. Quando c’è uno scontro militare, perfino costringere qualcuno a combattere contro la sua volontà è largamente accettato e – salvo rare eccezioni – non suscita scandalo né proteste.

Impegnarsi per una pace che rispetti al meglio i diritti e gli interessi di tutti è dunque fondamentale. Lo è anche evitare che le logiche da Risiko amputino la libertà di chi vuole soltanto vendere oppure comprare. Come non fu sensato (e si rivelò inefficace) limitare gli scambi tra i produttori occidentali e quelli russi, è analogamente assurdo che Donald Trump sbarri la strada ai commerci atlantici e Ursula von der Leyen rincari la dose.

Oltre a ciò, è bene che s’allarghi il fronte di chi vuole – oltre alla libertà dei commerci – pure una crescente pacificazione, evitando la costruzione di quei “nemici assoluti” che conduce alle guerre totali. Libero commercio e pace procedono assieme e non si può ricercare l’uno senza difendere l’altra.

oggi, 25 Marzo 2025, il debito pubblico italiano ammonta a il debito pubblico oggi
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