Con la legge Franceschini per il cinema, attori, produttori, registi e via dicendo amano fare i liberisti con il portafoglio degli altri
2 Agosto 2024
Il Giornale
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
Argomenti / Politiche pubbliche
È una vecchia storia: in linea di massima gli intellettuali sono innamorati del Principe e soprattutto dei suoi soldi. Per questo non sorprende l’alzata di scudi di fronte alla riforma della legge Franceschini, in tema di finanziamento del cinema. La novità è che d’ora in poi non tutti quanti faranno film potranno godere del tax credit (credito fiscale): un sistema davvero mal congegnato che, in questi anni, ha sostenuto la produzione di tante pellicole che, anche grazie a generosi finanziamenti statali, non sono mai neppure arrivate nelle sale.
Di per sé il credito d’imposta è una bella cosa. Si tratta infatti di riconoscere a taluni ambiti (anche se scelti in modo arbitrario) la possibilità di avere una tassazione inferiore, riducendo il trasferimento di risorse dai privati al settore pubblico. In altri termini, il socio occulto statale decide di astenersi un po’ nel prelievo della nostra ricchezza. Nel caso del cinema, però, ci si trova in una situazione assurda: da un lato, con la Franceschini, si sono ottenute queste esenzioni e al tempo stesso, però, si continuano a ricevere cospicui finanziamenti. Diciamo che di tutta evidenza attori, produttori, registi e via dicendo amano fare i liberisti con il portafoglio degli altri.
L’ignaro contribuente, in effetti, foraggia l’intero mondo del cinema in varie maniere: con i bandi della Direzione generale Cinema e Audiovisivo e con il fondo per lo Sviluppo degli Investimenti nel Cinema e nell’Audiovisivo, oltre con il Fus (Fondo unico per lo spettacolo); a cui si aggiungono iniziative regionali e dirette presenze pubbliche nel settore (si pensi alla Rai). Tutte realtà di cui nessuno chiede la cancellazione.
Va poi tenuto presente che nell’Italia odierna siamo di fronte a una cinematografia quanto mai modesta: lontana da quegli anni Sessanta in cui regnavano le logiche di mercato e infatti avevamo autori come Federico Fellini, Dino Risi, Pietro Germi, Mario Monicelli e altri ancora.
Le imprese e i professionisti del Terzo Millennio, invece, chiedono al tempo stesso gli aiuti pubblici e gli sgravi fiscali indiscriminati: pure quando si tratta di sostenere opere che non vedrà nessuno. Come ha sottolineato il ministro Gennaro Sangiuliano, infatti, «delle 459 opere sostenute tra il 2022 e il 2023, 345 non sono mai uscite in sala».