Intervistato da Repubblica, il presidente del consiglio è tornato sul tema delle clausole di salvaguardia. Il suo esecutivo, ha spiegato, deve “fronteggiare questo meccanismo atroce delle clausole di salvaguardia” perché “i governi Letta e Monti hanno disseminato di trappole le vecchie finanziarie”.
Come già è stato sottolineato da Phastidio, la più parte delle “trappole” che Renzi è impegnato ad evitare le ha piazzate lui stesso.
Che quello delle clausole di salvaguardia sia un meccanismo “atroce”, è una valutazione che abbiamo già manifestato e su cui lo stesso governo, a giudicare dalla riforma della legge di bilancio, sembra d’accordo. Ma non sarebbe male chiedersi perché.
Le clausole di salvaguardia si sono rivelate uno strumento col quale i governi “comprano” credibilità al dettaglio mentre sono impegnati nel commercio del consenso all’ingrosso. L’aumento della pressione fiscale è una leva più facile da azionare che quella “revisione della spesa” che tanto tuonò e continua a non piovere, nonostante le rassicurazioni del commissario Gutgeld.
Se viste con sguardo benevolo, le clausole o comunque i meccanismi di copertura di nuove spese parrebbero un tentativo del governo di vincolare se stesso. In realtà, il gioco è semplicemente quello di posticipare le decisioni, perché nel breve termine non si riesce ad accumulare capitale politico sufficiente per fare scelte difficili e impopolari.
Matteo Renzi ha davanti scadenze politiche complicate. Un referendum sulle modifiche costituzionali che è riuscito a portare a termine in Parlamento, e che rischia di perdere. Probabili elezioni, con una leggere elettorale di suo conio eppure oggi considerata sfavorevole al suo partito. Dagli 80 euro in poi, la convinzione del primo ministro è in tutta evidenza che il consenso lo si costruisca attraverso decisione di spesa mirate ad accontentare, e a mobilitare, gruppi specifici. Non è un’idea particolarmente originale.
Però, in un’Italia che continua a non crescere, forse a chi governa converrebbe cercare altrove le condizioni per un ritorno alla crescita, rispetto alla consueta politica delle elemosine, per giunta pagate coi “pagherò” dei contribuenti.
È un peccato, se in Italia chi governa finisce regolarmente per dare la colpa a qualcun altro. Gli alleati, le opposizioni, gli esecutivi precedenti… Tutte variazioni sul tema del destino cinico e baro.
L’impotenza dei governi, in Italia, prima che essere un problema di norme è una profezia che si autoavvera.