Colpire i clienti per sfiorare gli sfruttatori

Il cliente di una prostituta deve finire in carcere per espiare i reati di un lenone?

19 Settembre 2017

IBL

Argomenti / Diritto e Regolamentazione

Il sindaco di Firenze Nardella ha firmato un’ordinanza che vieta la contrattazione di rapporti sessuali a pagamento. In pratica, chi venisse trovato a rivolgersi a una prostituta potrebbe rischiare ben tre mesi di di galera.

Secondo il sindaco, è una misura «contro chi sfrutta la prostituzione, a tutela delle donne e della loro dignità».
E chi calpesta la loro dignità?

Si può credere che tutti coloro che ricorrono al meretricio lo facciano, più o meno consapevolmente. Richiedere i servizi di una prostituta può essere moralmente riprovevole, a seconda di quelle che sono le nostre convinzioni.

La legge, però, non punisce gli “sbagli” come tali, ma le azioni sbagliate in quanto procurano un danno agli altri. In un sistema giuridico che tenga anche solo in minimo conto la distinzione tra vizi e crimini, lo scambio di denaro e rapporti sessuali può essere materia biasimevole, può segnalare problemi psicologici, può apparire moralmente riprovevole, ma non è un crimine.

Non è un’opinione, questa: il reato di prostituzione non esiste, nel nostro ordinamento.
Immaginiamo pure che il sindaco voglia colpire non l’andare a prostitute, ma lo sfruttamento e l’induzione della prostituzione, contribuendo con i poteri che gli sono propri al mantenimento dell’ordine pubblico e alla prevenzione di reati che gravitano intorno all’attività di prostituzione.

In questo caso, l’ordinanza non sarebbe moralistica. La detenzione non sarebbe la pena per un vizio, ma un deterrente per le attività criminali che ruotano intorno ad esso. Colpire i clienti per sfiorare gli sfruttatori?

Che il cliente di una prostituta finisca in carcere per espiare i reati di un lenone può significare solo due cose: in primo luogo, rivela il fallimento delle autorità di pubblica sicurezza nel fare il loro dovere per garantire il rispetto della legge penale, che evidentemente non sono in grado di fare obbedire. In seconda battuta, rinnega un principio cardine della civiltà giuridica: ognuno risponde per le proprie azioni.

19 settembre 2017

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