L’intero sistema della comunicazione ha raggiunto il valore di circa 58 miliardi di euro nel 2016, in Italia. In particolare, il settore editoriale (composto da televisione, radio, cinema, homevideo, videogiochi, musica preregistrata, carta stampata e internet) ha attratto nel 2016 risorse per 24,1 miliardi, segnando una crescita del 2% rispetto all’aiuto precedente e riportandosi ai livelli 2013. Il monte risorse del settore dei contenuti editoriali nel 2010 raggiungeva i 28 miliardi e un’incidenza sul Pil pari all’1,75%. In termini assoluti, fra il 2010 e il 2016, la riduzione è stata di circa 4 miliardi. Sono questi alcuni dei risultati del rapporto di Istituto Bruno Leoni-lbl ed e-Media Institute, giunto alla terza edizione e dedicato al sistema audiovisivo, tra evoluzione e dimensioni economiche.
La televisione è il mezzo che ha il peso maggiore sul mercato dei contenuti editoriali e arriva a valere il 40% sul totale. L’editoria cartacea scende dal 39% al 34% fra il 2015 e il 2016. Il segmento dei consumi su dischi (musica preregistrata, home video, videogiochi) vale il 4% del totale del mercato mentre radio e cinema mantengono un peso del 3%. Internet cresce e tocca il 16% del totale del mercato editoriale.
La classifica 2016 dei primi 10 operatori sul mercato del contenuto editoriale vede il gruppo Fininvest, con Mediaset e Mondadori, che si colloca al primo posto in classifica. Per pochissima differenza di ricavi dal gruppo Sky (secondo); al terzo posto in classifica arriva l’operatore di servizio pubblico Rai e al quarto Google.
Alla prima parte di natura specificamente quantitativa, quest’anno lo studio incentra la seconda parte su un approfondimento del «Decreto quote» e sugli obblighi di investimento e programmazione per le emittenti televisive a favore della cinematografia italiana. Nei due saggi di riferimento (il primo realizzato da Emilio Pucci dell’e-Media Institute e Filippo Cavazzoni di Ibl, il secondo scritto da Giovanni Guzzetta dell’Università di Roma Tor Vergata) viene messa in evidenza sia l’inefficacia di un approccio basato sugli obblighi di programmazione sia vengono approfonditi i numerosi dubbi di legittimità dello stesso decreto.
da Italia Oggi, 22 giugno 2018