Come conciliare piani di razionamento e decarbonizzazione

L'obiettivo è chiaro: emancipare il più e il prima possibile l'Italia (e l'Europa) dalle forniture russe

13 Aprile 2022

MF-Milano Finanza

Carlo Stagnaro

Direttore Ricerche e Studi

Argomenti / Ambiente e Energia

Da settimane gli esponenti del governo italiano, a partire dal premier Mario Draghi e dal ministro degli Esteri Luigi di Maio, viaggiano senza sosta per stringere accordi per la fornitura di gas. I partner più importanti sono l’Algeria, il Qatar, l’ Azerbaijan e ovviamente gli Stati Uniti, anche se alla politica spetta il compito di garantire la stabilità dei rapporti e le condizioni di massima: i negoziati veri e propri, in cui si fisseranno prezzi e volumi, sono in mano alle aziende che concretamente acquistano, importano e rivendono il gas.

L’obiettivo è chiaro: emancipare il più e il prima possibile l’Italia (e l’Europa) dalle forniture russe. Ciò al duplice scopo di difendere la nostra sicurezza energetica e prosciugare il fiume di denaro che scorre verso i forzieri di Mosca. L’attività diplomatica non punta ad accaparrare carichi occasionali di gas per soddisfare esigenze immediate. Essa è importante perché è propedeutica alla conclusione di contratti di lungo termine.

Questo particolare va sottolineato perché determina non solo gli aspetti concreti dell’approvvigionamento, ma anche le modalità di determinazione dei prezzi. Un contratto di lungo termine vincola reciprocamente le parti a cedere, e ritirare, un certo volume di gas a condizioni predeterminate. Questi accordi fanno perno sull’ indicizzazione a un paniere di prodotti energetici di riferimento sui mercati spot. I contratti con la Russia e coi paesi del Nord Europa tipicamente sono ancorati alle quotazioni del gas sulle borse europee (il famigerato Ttf). Quelli coi fornitori africani e mediorientali danno maggior peso al petrolio. Storicamente, a parità di contenuto energetico, il greggio costava più del gas: questo spiega perché nei decenni passati l’Europa ha guardato soprattutto a nord e a est.

Il rovesciamento che c’è stato negli ultimi mesi, col rally del Ttf che ha raggiunto vette inimmaginabili fino a poco tempo prima, ha completamente rimescolato le carte. E’ tale driver economico a spiegare perché, già prima dell’invasione dell’Ucraina, le imprese europee si sono rivolte con sempre maggiore interesse a sud e a ovest. Poi, ovviamente, su questa spinta di mercato si è sovrapposto un indirizzo strategico dettato dall’esigenza di tagliare i ponti col Cremlino. Basterà? E’ molto difficile.

Nel breve termine, ci sono quattro direttrici per limitare la nostra esposizione verso la Russia: la sostituzione di Mosca con altri fornitori; la sostituzione del gas con altre fonti di energia (carbone, nucleare, rinnovabili, ecc.); l’efficienza energetica; la distruzione della domanda (cioè eventi traumatici come la chiusura delle imprese o la rinuncia delle famiglie a riscaldarsi). Tutti questi elementi fanno parte del mix europeo: i primi tre in modo deliberato, l’ultimo nostro malgrado. Ma gli investimenti necessari a sviluppare le alternative o a ridurre i consumi in modo virtuoso richiedono tempo: solo in pochi casi probabilmente ci sono le condizioni per vederne presto i risultati.

Ciò non significa che non si possano immaginare strategie più aggressive, ma che esse dovranno fare i conti con l’impossibilità di sostituire nel breve termine una porzione rilevante del gas russo (diciamo nell’ ordine del 50%). Pertanto, se le cose prenderanno questa piega, i governi europei dovranno adottare severi piani di razionamento. Inoltre, le imprese importatrici hanno obblighi di ritiro nei confronti di Gazprom: se calasse un embargo esse potrebbero certamente invocare la forza maggiore, ma bisogna mettere in conto una lunga e complessa fase di contenzioso internazionale.

Di fronte a dinamiche così ad ampio raggio, non bisogna perdere di vista i grandi assi della politica energetica europea, come la decarbonizzazione. Bisogna, però, prendere atto che stiamo attraversando una fase del tutto eccezionale, dominata dalle emergenze: è dunque necessario prevedere i necessari aggiustamenti non tanto negli obiettivi, quanto nel percorso e negli strumenti.

da MF-Milano Finanza, 13 aprile 2022

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