La concorrenza promessa

Di questa legge per la concorrenza potrebbe restare meno di quel che sembra

8 Novembre 2021

L'Economia – Corriere della Sera

Alberto Mingardi

Direttore Generale

Argomenti / Economia e Mercato

Alla fine la legge annuale ha visto la luce ed è un risultato perché altri governi non erano riusciti a farla. Introduce standard di qualità per la nomina dei vertici e più trasparenza nel rapporto imprese-consumatori. Ma sulle questioni più spinose si è scelta la via del rinvio. Per le concessioni di beni pubblici, taxi e servizi locali lo strumento di attuazione sarà la delega. E così di questa norma potrebbe rimanere meno di quel che sembra

Tanto tuonò che un po’ piovve, ma giusto un pochino. A giudicare dalla fatica con cui si è arrivati al provvedimento, per il governo Draghi la partita della concorrenza è stata più complicata di altre. Le ragioni sono evidenti: ogni partito ha una costellazione di interessi che si è in qualche modo impegnato a tutelare e questa volta non c’erano in ballo risorse o sussidi per trovare accordi fra antagonisti. Il ddl concorrenza che Mario Draghi è riuscito a far trangugiare ai partiti può essere letto come la somma di tre diversi approcci: uno interessa la concorrenza in senso proprio, uno riguarda un po’ di operazioni di «polizia», l’ultimo ha invece a che fare con la struttura istituzionale delle autorità indipendenti.

Cominciamo da quest’ultimo punto: i poteri dell’antitrust ne escono rafforzati, come aveva richiesto l’autorità stessa. E’ un bene, è un male? Rafforzare la polizia non necessariamente significa migliorare la qualità del diritto e i problemi della concorrenza in Italia sono questione che riguarda le regole del gioco e non necessariamente le sanzioni.

Gli standard
Il disegno di legge prevede un meccanismo per garantire un certo standard di qualità, per così dire, nella nomina dei vertici, istituendo una fase preliminare di scrutinio delle candidature da parte di un Comitato tecnico composto da «personalità di indiscussa indipendenza e di chiara fama internazionale». La politica ha accettato dunque una norma che ne riduce il potere di nomina, forse anche perché i consigli delle Autorità sono ormai di dimensione assai ridotta (si tratta di organi di tre persone) e nel tempo hanno perso appeal. Nel contempo, accrescere i poteri dell’antitrust può rendere quell’authority ancora più centrale. L’omaggio reso alle autorità indipendenti passa però anche per una norma che compiace il populismo e ha elementi pericolosi: si introduce, cioè, una «presunzione di dipendenza economica» rispetto alle imprese che utilizzano i servizi di intermediazione delle piattaforme digitali.

Questo significa postulare che esse siano, innanzi ai giganti del web, i soggetti «deboli» ma pure rendere più complicato e oneroso per aziende come Booking o Amazon gestire i rapporti con chi vende beni e servizi attraverso di loro. L’intenzione è di aiutare Davide contro Golia, l’esito paradossale potrebbe essere quello di consolidare la posizione attuale di Golia, proteggendola dalla concorrenza potenziale.

La parte di «polizia» del provvedimento ha a che fare con alcune questioni di portata modesta, ma volte sostanzialmente a rendere più trasparente il rapporto fra imprese e consumatori: per esempio la norma che obbliga gli operatori delle Tlc ad acquisire un consenso esplicito per tutti i servizi in abbonamento offerti da terzi attraverso di essi. La parte di merito si occupa di questioni – ora più ora meno – visibili, ma di sostanza. Si stabilisce una segnalazione periodica dell’Agcom al Parlamento per adeguare il perimetro del servizio universale del recapito postale, il che apre – almeno potenzialmente – all’ingresso di altri operatori.

C’è una corposa sezione sulla sanità, di per sé una novità positiva visto che è raro che la materia venga considerata come questione di concorrenza. In essa si stabilisce per esempio che nei concorsi da primario ospedaliero la vittoria debba essere assegnata al primo classificato, riducendo la discrezionalità delle strutture. Si prova a chiudere una procedura di infrazione per l’Italia che riguarda la produzione di medicinali emoderivati, per i quali la nostra legislazione prevedeva che si potesse usare solo plasma da donatori non remunerati, creando perciò problemi all’eventuale plasma di provenienza straniera.

Il ddl include norme sulle concessioni portuali e sulle gare per la distribuzione del gas, finalizzate a rendere più contendibili questi servizi. Ma sulle questioni più spinose e importanti si è scelta, di fatto, la via del rinvio. Le concessioni di beni pubblici saranno oggetto di una grande «operazione trasparenza», per verificare quali di esse possano essere meglio valorizzate.

Le scelte
In quest’ultimo caso, come rispetto al trasporto pubblico non di linea (taxi e NCC) e sui servizi pubblici locali, lo strumento scelto è quello della delega. Il Parlamento cioè deve approvare questo disegno di legge e poi il governo potrà intervenire con una serie di decreti delegati.
Il problema è che le leggi non si approvano nel momento in cui vengono presentate. Con un po’ di fantasia, possiamo immaginare che il disegno di legge venga approvato dal Parlamento verso maggio o giugno, prima è difficile per i tempi della legge di bilancio (di qui a fine anno) e poi per i complessi rituali dell’elezione del Presidente della Repubblica, che occuperanno il centro della scena a inizio 2022. Se pensiamo che la legislatura arrivi a scadenza naturale, resteranno grosso modo altri sei mesi per i decreti delegati. La pressione dei partiti per evitare riforme che possano scalfire gli interessi loro più prossimi sarà allora ancora più forte, del tutto comprensibilmente dal momento che le elezioni saranno dietro l’angolo.

Insomma, di questa legge per la concorrenza potrebbe restare meno di quel che sembra. Forse l’aspetto più rilevante è semplicemente averla fatta: è la seconda del suo genere, si spera non sia l’ultima. Del resto con una certa autoironia lo stesso premier ha descritto l’approccio tenuto come una terza via fra governi che hanno cercato di fare molto ma senza consenso politico e governi che non hanno fatto nulla. Fra il molto e il nulla la terza via è il poco.

Da L’Economia – Corriere della Sera, 8 novembre 2021

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