Contro i fannulloni non basta il cartellino

Non basta timbrare un cartellino per battere i fannulloni della P.a. Serve un cambio di mentalità

4 Febbraio 2016

Il Giornale

Carlo Lottieri

Direttore del dipartimento di Teoria politica

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Proprio mentre a Sanremo il sindaco decide il licenziamento di quattro dei dipendenti assenteisti, la decisione del governo Renzi d’introdurre regole che facilitino l’allontanamento dalla pubblica amministrazione risponde a logiche di buonsenso, poiché è assurdo retribuire un lavoratore che fa timbrare da altri il proprio cartellino.

Ma questa operazione rischia di non produrre effetti ed esaurirsi in un mera azione propagandistica se non è accompagnata da un più generale ripensamento della funzione pubblica e del ruolo dello Stato.

Preoccuparsi che un lavoratore comunale o regionale si rechi in ufficio è importante, ma non basta. Quando ebbi la fortuna di lavorare insieme a uno dei protagonisti del «miracolo italiano», Virgilio Floriani (che provenendo da un piccolo paese delle montagne venete fondò a Milano la Telettra nel dopoguerra, ponendo le basi per un’impresa di grande successo), egli non mancava mai di sottolineare come il cartellino attesti il fallimento di un’organizzazione produttiva, la quale è incapace di giudicare sulla base dei risultati e si limita a verificare che il dipendente sia almeno un certo numero di ore in azienda. Andare al lavoro è il minimo, ma non basta, poiché quello che conta è produrre servizi utili e partecipare attivamente al processo lavorativo.

Per giunta, nella pubblica amministrazione dietro all’assenteismo cronico c’è tutta una connivenza tra uomini politici e alti funzionari che non si risolve con il licenziamento (pur necessario) di qualche impiegato. Solo se si interviene seriamente su tale questione, di carattere molto più generale e di portata assai ampia, è possibile invertire veramente la rotta.

La prima cosa da fare, allora, è rivalutare il privato a scapito del pubblico, riducendo la sfera di quest’ultimo. Periodicamente ci viene detto -e non è fonte di sorpresa- che i dipendenti del settore pubblico totalizzano molte più assenze di quelli del settore privato: secondo uno studio di un anno fa condotto da Confindustria, il dipendente statale medio realizza 19 giorni di assenze retribuite, e cioè 6 in più rispetto a quanto rilevato in un gruppo di dipendenti privati paragonabile.

Cambiare si può, allora, ma esige che il rigore esibito dal governo sia accompagnato da ben altro. Perché si deve soprattutto accettare l’idea di restringere l’area controllata da politici e burocrati, cedendo ai privati i colossi statali e allargando la concorrenza in settori storicamente gestiti in monopolio. C’è da creare più spazio per il mercato, così che inizi a cambiare pure la mentalità di quanti operano nel pubblico.

Quello che però il governo Renzi sta realizzando in ambiti come le poste e le ferrovie, dove sono in atto riforme peggio che gattopardesche (che rinviano a chissà quando ogni vera privatizzazione) ci dice che l’Italia descritta da Checco Zalone nel suo ultimo film è destinata a resistere a lungo. A dispetto dei proclami.

Da Il Giornale, 20 Gennaio 2016

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