Conviene investire nei beni pubblici?

Anni di riforme fallite dicono che la soluzione è solo la concorrenza: Una replica alla proposta di Gian Maria Gros-Pietro

9 Gennaio 2017

La Stampa

Alberto Mingardi

Direttore Generale

Argomenti / Teoria e scienze sociali

La disuguaglianza aumenta, e questo non diventa accettabile per il solo fatto che lo si giustifichi come verdetto del mercato. Perché il sistema rischia di saltare. Come si fa a rimediare?

Ma non si crea efficienza con i monopoli statali

Carlos Tevez, passato dal Boca Junior allo Shanghai Shenhua, guadagnerà 38 milioni l’anno. La sua migrazione avrà rattristato i tifosi, ma non abbiamo notizia di manifestazioni o rivolte di piazza. La gente fatica a comprendere le super-retribuzioni di manager e banchieri. Ma abbuona volentieri il sommo peccato della ricchezza ai suoi beniamini, capisce che è proprio il favore popolare a consacrare l’appartenenza all’Olimpo delle star, con quel che ne consegue.

Dello stimolante intervento di Gros-Pietro si possono approvare le conclusioni senza necessariamente condividerne la premesse. Il discorso sulle diseguaglianze è ormai un cliché: viene usato per spiegare tutto. Più che il dislivello fra chi sta in cima e chi sta in fondo alla piramide sociale, dovrebbe importarci che gli ultimi abbiano a disposizione una vita dignitosa e modo di migliorare le proprie condizioni. Negli ultimi trent’anni, il tenore di vita (i beni di cui disponiamo, le cose che possiamo fare) si è accresciuto anche grazie alla globalizzazione. Né si può sostenere che tutte le diseguaglianze siano uguali: il successo di Bill Gates riflette l’universo di possibilità aperto a milioni di persone.

Gros-Pietro suggerisce che per garantire opportunità diffuse serve migliorare la qualità di servizi tipicamente offerti dallo Stato. L’istruzione ad esempio: la distanza fra i punti d’arrivo avrà sempre più a che fare con ciò che abbiamo appreso nei primi anni di vita. Ma è ragionevole immaginare una produzione «più efficiente» di questo servizio dentro al monopolio statale? Dopo anni di riforme di scarso impatto, sarebbe il caso di verificare se la competizione, per esempio con i «buoni scuola», può migliorare la qualità là dove il dirigismo ha fallito.

Da La Stampa, 8 gennaio 2017

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