Della campagna elettorale che ci aspetta ci dimenticheremo in fretta. Tuttavia, resterà probabilmente questa idea che percorre anche le democrazie estere di attuare la giustizia sociale attraverso un impegno dello Stato a erogare direttamente un assegno. L’introduzione di un Welfare state in cash accettabile implica due condizioni. La prima è legata alle condizioni di accesso e mantenimento della misura; dettagli tecnici che fanno la differenza. La seconda è che il reddito di cittadinanza può diventare una proposta seria solo se alternativa alle prestazioni in kind esistenti.
La campagna elettorale per le prossime elezioni politiche italiane avrà tra gli argomenti principe le misure economiche di sostegno ai redditi più bassi e ai senza lavoro. Già in Parlamento sono state presentate, anticipando la contesa elettorale, molte proposte di legge in merito; ma soprattutto i partiti anche i più renitenti hanno iniziato a inseguire l’idea di introdurre un simile strumento di Welfare sociale. Lo stesso governo, nella conferenza stampa del Consiglio dei ministri dell’I 1 aprile, ha annunciato che il Def introdurrà un reddito di inclusione come misura universale di sostegno economico ai nuclei in condizione di povertà. L’esperienza ci dice che molta sarà la confusione sotto il cielo elettorale. A partire dalle proposte e dalle definizioni. Salvini, Berlusconi e lo stesso Renzi hanno altalenato tra inseguire la proposta del Movimento5stelle e dichiararne l’infattibilità. Reddito di cittadinanza, reddito minimo, reddito di inclusione, reddito di 38 partecipazione, reddito di base e lavoro di cittadinanza presuppongono modelli e caratteristiche diversi, specie per quanto riguarda i requisiti di accesso al beneficio e le condizioni di mantenimento. Il punto di contatto tra queste idee è il presupposto di un’evoluzione del Welfare, finalizzata, come si dice, a superare le disuguaglianze. Della campagna elettorale che ci aspetta ci dimenticheremo in fretta. Tuttavia, resterà probabilmente questa idea che percorre anche le democrazie estere di attuare la giustizia sociale attraverso un impegno dello Stato a erogare direttamente un assegno. Pensando alla discussione che ci attende nei prossimi mesi, parlare di reddito di cittadinanza o di misure simili non può coinvolgere un dibattito sul se lo Stato debba fare qualcosa per garantire la giustizia sociale, ma deve realisticamente riguardare cosa deve fare e come.
Rispondendo al quesito, lo Stato può intervenire a fini di giustizia sociale in due modi: erogando servizi o dando un sostegno in denaro. In cash o in kind, per usare l’efficace sintesi linguistica anglosassone. Se un soggetto è in condizioni di incapienza e deve ricoverarsi per ricevere delle cure, la giustizia sociale ci dice che può ricevere le cure gratis, o può ricevere un sostegno economico per pagarle.
Sono due modi alternativi di cui quello in cash può risultare più efficiente e liberale. Esso infatti mette nella disponibilità del beneficiario la libertà di scegliere da chi farsi erogare il servizio, garantendogli comunque un aiuto pubblico per sostenerne il costo. L’altra faccia della medaglia di questa libertà è che, presupponendola, i servizi possono essere forniti da soggetti diversi, i quali, dalla concorrenza tra di loro, trarranno motivo per migliorare le proprie prestazioni. Tornando all’esempio precedente, lo sventurato che ha bisogno di cure ma non può pagarsele, nel caso di prestazioni in kind dovrà accettare le cure che lo Stato passa, nel caso di prestazioni in cash potrà invece utilizzare il sostegno pubblico per scegliere a chi rivolgersi.
Chi, dunque, pensa ai redditi di cittadinanza come a una manifestazione di demagogia elettorale che si approfitta non solo delle difficoltà economiche e sociali delle persone, ma anche della prospettiva di promettere di fare i mantenuti di Stato, non tiene in conto che lo Stato già interviene fortemente a erogare assistenza e prestazioni sociali e che, volendo, di mantenuti dello Stato possono essercene fin da ora. Certo, perché l’introduzione di un Welfare state in cash sia accettabile servono due condizioni. La prima, collegata alla critica di creare una società di mantenuti, è legata ovviamente alle condizioni di accesso e mantenimento della misura. Dettagli tecnici che fanno la differenza. La seconda, taciuta in genere dalle proposte che si odono e che per questo sono insostenibili, è che il reddito di cittadinanza, o comunque lo si voglia chiamare, può diventare una proposta seria solo se alternativa alle prestazioni in kind esistenti. Tornando all’esempio delle cure, il soggetto che ha bisogno di aiuto, per accedervi, non può avere sia la possibilità dell’ospedale pubblico, sia un assegno per pagarsi le cure. E non può per un doppio motivo. Uno di principio che potremmo definire ne bis in idem (non due volte per la stessa cosa), e un altro di bilancio. Tutte le proposte avanzate finora, a partire da quella originaria del Movimento5stelle, non sono credibili perché si limitano, al massimo, a eliminare le prestazioni in denaro già esistenti, ma non affrontano mai il nodo delle coperture pensando di dover smantellare il Welfare dei servizi, se si vuole introdurre il Welfare degli assegni.
Da Formiche, maggio 2017