Nel libro di Gilberto Corbellini e Alberto Mingardi, “La società chiusa in casa” (Marsilio), si legga subito il capitolo “Le crisi e il Leviatano”. Sono pagine che spiegano da un punto di vista economico la condanna che ci è caduta addosso, il fine pandemia mai. La crisi, qualunque tipo di crisi e figuriamoci una crisi sanitaria, ingrassa lo Stato. È una regola ricavata dalla storia: gli apparati pubblici crescono in corrispondenza delle emergenze. È dunque del tutto naturale (“l’istinto di sopravvivenza dell’amministrazione”) che le emergenze vengano accentuate e prolungate.
Gli impiegati pubblici e tutti coloro che vivono o sperano di vivere a carico del contribuente “tendono a chiedere l’espansione dei pubblici poteri come si desidera il rifugio in un porto sicuro. Così la sfera d’azione dello Stato tende ad allargarsi, attraendo a sé non solo nuovi impegni finanziari ma anche nuove funzioni, nuovi compiti”. È talmente semplice: se della società lo Stato detiene la maggioranza (oltre il 50 per cento del pil), l’uomo libero sarà sconfitto a ogni elezione, a ogni decreto. Sempre e inevitabilmente: matematicamente. Un imprevisto (la temporanea sospensione delle regole aritmetiche?) è la sola speranza.
da Il Foglio, 12 novembre 2021