Cultura malmessa

Il Teatro Eliseo di Roma potrebbe dimostrare che l'arte può vivere di vita propria

16 Marzo 2017

Il Foglio

Argomenti / Teoria e scienze sociali

E’ probabile che il Teatro Eliseo di Roma, alla fine della stagione, chiuda i battenti per le insuperabili difficoltà economiche in cui versa. Lo ha annunciato ieri Luca Barbareschi, direttore artistico e proprietario del teatro dal 2015, nel corso di una conferenza stampa convocata dopo esser stato informato dell’assenza dei fondi necessari per finanziare le attività dell’anno in corso.

Sono molti mesi che Barbareschi avverte di questo rischio: si era rivolto al ministro della Cultura Dario Franceschini, chiedendo di concedere i finanziamenti statali inizialmente previsti (4 milioni di euro) recisi poi da un emendamento al ddl Milleproroghe. “Conosco le difficoltà economiche del teatro e la passione di Barbareschi aveva risposto il ministro ma non sono dotato di bacchetta magica.” Ieri Barbareschi ha risposto al titolare della Cultura, dicendo che “non posso imporre a Franceschini un amore per il teatro che non ha. Posso però riportarlo alle sue responsabilità di ministro, perché chiudere l’Eliseo, un’istituzione più longeva anche del Piccolo, è una coltellata alla cultura e a Roma, non a me: io sopravviverò. Ma una coltellata così dolente è una coltellata mortale”.

In effetti la biografia del Teatro Eliseo si sovrappone a buona parte della storia culturale recente della capitale, avendo ospitato sui suoi palchi tutto il teatro, l’arte e la cultura drammaturgica italiana più importante degli ultimi 117 anni. Nel 2014 chiude brevemente, con lo sfratto forzoso dei locali di proprietà della famiglia Monaci cui segue dopo poco la rilevazione da parte di Luca Barbareschi: attore, regista, ex deputato Pdl e oggi direttore artistico del teatro. Forse, ancora per poco. “Questa per me è una chiesa laica, e le chiese non si chiudono. Mai. La chiesa è un luogo di amore, di bellezza ha detto ai giornalisti riuniti per la conferenza stampa

L’Eliseo è un successo italiano: è diventato il primo teatro del paese in due anni. Senza il contributo ministeriale, però, non può stare in piedi perché costa 4 milioni di euro all’anno e non ha la possibilità di accedere all’art bonus”, un credito d’imposta al 65 per cento per le erogazioni liberali ad associazioni artistiche. Quel che manca alle finanze proprie del teatro, secondo il direttore, dovrebbe quindi venire dal ministero, che da oltre 3 anni non finanzia l’Eliseo. “Questo non è un teatro di nomina politica dice Barbareschi E’ un vulnus, nella storia italiana, perchè qui viene solo chi merita di venire.”

Filippo Cavazzoni, direttore editoriale dell’Istituto Bruno Leoni e autore di diversi saggi e articoli sui finanziamenti privati ad arte e cultura, osserva: “L’Eliseo è un teatro privato, uno dei pochi grandi teatri privati italiani – dice al Foglio – dovrebbe quindi provare a far leva sulle sue forze. Potrebbe dimostrare che l’arte può vivere di vita propria, sia da un punto vista economico che artistico, liberandosi completamente dalla politica. Il direttore dell’Eliseo è una persona molto in vista, potrebbe fare una battaglia liberale e imprenditoriale ottenendo visibilità: trovando soci, sponsor, finanziamenti di varia natura”.

“Dovessi vendere tutto ciò che ho, la stagione la finisco”, ha detto ieri Barbareschi chiudendo la conferenza stampa.

Da Il Foglio, 16 marzo 2017

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