Le lezioni dei dazi sull’auto cinese e l’eredità della Commissione

Un altro passo verso un mondo più chiuso e meno sostenibile


18 Giugno 2024

Istituto Bruno Leoni

IBL

Argomenti / Diritto e Regolamentazione

L’aumento dei dazi sulle auto elettriche importate dalla Cina potrebbe essere l’ultimo atto della Commissione europea uscente e ne descrive bene l’eredità e le contraddizioni.

Tutto nasce da un’indagine sui sussidi garantiti da Pechino ai “propri” produttori di veicoli elettrici che, secondo Bruxelles, rischiano di distorcere la concorrenza, a detrimento dei carmaker europei. L’obiettivo del dazio è controbilanciare tali sussidi: così, esso avrà un valore diverso da marchio a marchio, in funzione delle agevolazioni effettivamente ricevute e dell’atteggiamento più o meno collaborativo manifestato durante l’indagine. Al 10% già esistente, si aggiungerà una quota variabile tra il 17% e il 38%: si arriverà, quindi, a un picco del 48% nel caso dei produttori più sussidiati o meno collaborativi.

Può apparire tutto semplice e lineare ma non lo è. L’indagine, beninteso, rappresenta un pretesto formalistico ma quanto meno mostra un tentativo di razionalizzare un provvedimento annunciato in partenza e di puro stampo protezionistico. D’altronde, poche settimane fa il presidente americano Joe Biden non ha neppure fatto finta e ha elevato un muro tariffario del 100% nel nome dell’autonomia strategica americana. La stessa Cina non ha atteso molto prima di rispondere per le rime, aprendo un’indagine sui sussidi europei alla carne di maiale: su 1,55 milioni di tonnellate che Pechino importerà nel corso di quest’anno, circa la metà viene dall’Ue.

Tuttavia, vi sono due aspetti del dazio che meritano di essere messi in evidenza e che ben rappresentano la follia dei tempi che stiamo attraversando. Il primo aspetto riguarda gli effetti attesi: l’aspettativa è che il dazio, determinando inevitabilmente un aumento del costo delle auto elettriche, più che favorire i produttori europei, finirà per restringere il mercato. Le e-car sono già oggi prodotti costosi: ulteriori aumenti ridurranno la propensione all’acquisto da parte di chi non è certo di potersi permettere una spesa tanto ingente. Del resto, già oggi i produttori europei faticano a servire la domanda esistente e non c’è alcuna evidenza che l’import cinese abbia spiazzato i modelli domestici.

Il secondo elemento è relativo agli obiettivi. In Europa oggi c’è tanta attenzione al mercato dell’auto elettrica perché, a livello politico, si è deciso che la mobilità elettrica dovrà essere un asse portante della transizione energetica. Così, sono stati introdotti generosi sussidi per l’acquisto di veicoli elettrici e si è addirittura stabilito che, a partire dal 2035, non potranno più essere immatricolati veicoli col motore endotermico. Invece di esplorare una pluralità di strumenti e tecnologie, si è preferito mettere tutte le proverbiali uova nello stesso paniere che, incidentalmente, è un paniere di prodotti dove l’Europa è relativamente poco competitiva. E lo è non perché i cinesi erogano sussidi, ma perché Pechino si è mossa prima ed è tecnologicamente più avanzata. Quindi, il paradosso è che con le agevolazioni all’acquisto si pagherà l’extra-costo del dazio, andando a penalizzare proprio quella strategia di riduzione delle emissioni che è al centro dell’identità politica europea.

I dazi scatteranno il 4 luglio, a meno che non si trovi un accordo con Pechino. Speriamo che questo accada, altrimenti l’Europa avrà fatto un altro passo verso un mondo più chiuso e meno sostenibile.

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