Debito enorme ma non si fa nulla

Le definizioni variano, i sinonimi abbondano. Il debito pubblico è un peso, un limite, una palla al piede, un macigno, un ostacolo. Tuttavia, quando i vertici del governo se ne debbono proprio occupare, sbuffando agiscono come se ci fosse polvere da mettere sotto il proverbiale tappeto. Riducono la questione o all’insignificanza o a un chiarimento […]

5 Febbraio 2016

Il Sole 24 Ore

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Le definizioni variano, i sinonimi abbondano. Il debito pubblico è un peso, un limite, una palla al piede, un macigno, un ostacolo. Tuttavia, quando i vertici del governo se ne debbono proprio occupare, sbuffando agiscono come se ci fosse polvere da mettere sotto il proverbiale tappeto. Riducono la questione o all’insignificanza o a un chiarimento che senz’altro avverrà nei fatti. Fiduciosamente fidano nel futuro, sempre in ogni modo rinviando la soluzione non all’anno successivo, ma a quello ancora dopo: beninteso, per soluzione indicano semplicemente l’avvio della diminuzione del debito.

Per avere un palpabile e costante aggiornamento della situazione c’è un mezzo semplicissimo: collegarsi al sito dell’Istituto Bruno Leoni, ove campeggia il contadebito, che impietosamente gira (con più esattezza: cresce) secondo dopo secondo. Le prime cifre sono di 2.272 miliardi di euro; seguono gli spiccioli, cioè le centinaia di milioni di euro. Mentre il visitatore del sito scorre le notizie, il contadebito è già salito di alcune decine di migliaia di euro.

Su queste pagine si è da anni insistito (si veda da ultimo la sintesi in Orsi & Tori del 23 gennaio) sulla necessità di procedere con una manovra definita tagliadebito. Un’impresa ciclopica, certo: ma ciclopico, ahinoi, è il debito pubblico italiano, svettante oltre il 130% del pil. Le soluzioni italiche che, non da oggi, giungono dal governo parlano di decrementi infimi. Nel frattempo, la spesa pubblica non scema e il carico fiscale non patisce quel taglio deciso e netto che (solo) permetterebbe all’economia di riprendersi. Si vuol curare la peste con i sali inglesi: anzi, la vera cura è di fatto lasciata allo stellone, fidando nel destino, scommettendo nella stabilità finanziaria del continente. Già: e se qualcuno avviasse un nuovo assalto all’essenza stessa del debito nazionale, cioè i titoli di Stato?

Un fatto è certo. Fin quando il carico debitorio italiano non scemerà corposamente, non vi sarà alcuna sicurezza nei rapporti con l’Europa. Quale fiducia può essere espressa dal mondo finanziario, economico, politico di tanti altri paesi, verso uno Stato indebitato sopra i capelli che non agisce in alcuna maniera per portare il debito almeno sotto le labbra?

Da Il Sole 24 Ore, 5 febbraio 2016

oggi, 20 Settembre 2024, il debito pubblico italiano ammonta a il debito pubblico oggi
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