11 Ottobre 2024
Corriere Economia
Alberto Mingardi
Direttore Generale
Argomenti / Politiche pubbliche
È rassicurante che Giorgia Meloni s’impegni a non accrescere la pressione fiscale. Lo è pure che i partiti della maggioranza si disputino così attivamente il titolo di difensore del contribuente. Ma a condizione che non ritoccare le imposte oggi non voglia dire inasprirle domani. E quanto avviene quando la linea del «non aumenteremo le tasse» diventa «finanzieremo certe spese in deficit».
Prendendo soldi a prestito, i governi possono evitare di portarceli via con le imposte. Indebitandosi, però, assumono oggi degli impegni che dovranno onorare in futuro. La spesa per gli interessi sul debito pubblico è circa un decimo della spesa pubblica italiana.
Spendiamo di più per il servizio del debito che per la scuola. Ogni governo ha diritto di provare la sua ricetta economica. La spesa in deficit però condiziona anche i successivi esecutivi. Per esempio, Giorgia Meloni non può ridurre le imposte quanto vorrebbe, a causa di scelte dei suoi predecessori. La via che rimane è quella di restringere il perimetro dello Stato, liberando spazi e risorse per il contribuente. Tagliare la spesa migliorerebbe anche la percezione del nostro Paese sui mercati. E un obiettivo che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha ben presente, quando parla di ridurre lo spread per abbassare la spesa per interessi.
Questo esecutivo ha l’ambizione di durare tutta la legislatura. A che serve la stabilità di governo, se non a metter mano a questi problemi?