Disegnando il percorso futuro della delega fiscale – un percorso degno di un bradipo – il presidente del Consiglio ha detto che il fisco prossimo venturo sarà “consulente” e “giudice”.
Come giudicare il fisco immaginato dal governo in carica? Se le parole hanno un senso, il fisco prossimo venturo potrebbe somigliare tanto, troppo, a quello che abbiamo alle spalle. E che da decenni costituisce uno delle principali zavorre del paese.
Consulente è il professionista cui si ricorre per pareri, chiarimenti o consigli. Solitamente, di un professionista c’è tanto più bisogno quanto più la questione in discussione è opaca, astrusa, ambigua. Aggettivi che – come qualunque contribuente sa – ben definiscono l’attuale normativa fiscale. Quindi, il governo non ci sta promettendo una normativa fiscale fatta di poche regole chiare, intellegibili da parte di ogni contribuente. Anche il più sprovveduto. In grado di dare certezza ai rapporti fra fisco e contribuente. Al contrario ci sta anticipando uno, cento mille “740 lunari” (qualcuno lo ricorda?) decifrati, tradotti in volgare ed interpretati, caso per caso, dall’Amministrazione fiscale. Come oggi e, se possibile, anche peggio. Difficile chiamarla riforma.
E che dire del “fisco giudice”? L’amministrazione fiscale italiana è nota per la straordinaria attitudine a svolgere tutte le parti in commedia. Essa suggerisce (quando ne ha bisogno) le norme al potere esecutivo o al potere legislativo. Le scrive quando necessario (cioè sempre). Le interpreta quando lo ritiene più opportuno. Le applica spesso e volentieri come ritiene più opportuno. Si preoccupa della fase dell’accertamento e della riscossione. Interviene nel momento della sanzione. Tutela i diritti del contribuente (sic!). Qualche tempo fa aveva anche provato ad occuparsi direttamente della fase giurisdizionale. Uno Stato nello Stato che recentemente trovava espressione fisica nell’essere il direttore dell’Agenzie delle Entrate, il presidente di Equitalia nonché il Garante del contribuente. Bene, il presidente del Consiglio ci comunica che così sarà anche in futuro. E che non avremo, come un paese civile, una giurisdizione tributaria autonoma ed indipendente di fronte alla quale l’amministrazione fiscale ed il contribuente possano presentarsi con uguali diritti e doveri. Perché – questo ci dice il presidente del Consiglio – pubblico ministero e giudice saranno la stessa persona. Veramente difficile definirla una riforma.
Le capacità mediatiche del presidente del Consiglio sono note. E allora delle due l’una. O intendeva comunicare esattamente quel che ci ha comunicato. O comunicava qualcosa chi gli era (e presumibilmente gli è tuttora) ignota. Difficile stabilire quale delle due situazioni sia preferibile.