Dieta privata e spesa pubblica

Le tasse sulle bevande zuccherate fanno dimagrire le persone e rimpinguare le casse dello Stato?

20 Novembre 2018

IBL

Argomenti / Politiche pubbliche

Le tasse sulle bevande zuccherate fanno dimagrire le persone e rimpinguare le casse dello Stato?
Così sembrano ritenere alcuni deputati della coalizione di maggioranza che hanno presentato in Commissione finanze un emendamento al bilancio per aumentare le imposte a carico delle bevande ad alto contenuto di zuccheri aggiunti, da 0,5 a 1 centesimo per ogni 100 ml di bevanda.

Se davvero bastasse aumentare il prezzo al consumatore, tramite un aumento di imposte, per far diminuire il consumo abituale di bevande che possono incidere sul benessere fisico delle persone, ci si dovrebbe chiedere perché la maggioranza non dimostri maggior coraggio e si fermi a tassare gli zuccheri delle bevande, e non tutti i prodotti a base di zuccheri che, se consumati in gran quantità, possono avere effetti nocivi sulla salute.

Peraltro, insegnare ad alimentarsi in maniera corretta tramite le tasse non ha mai funzionato: le persone non rinunciano alle loro abitudini così facilmente. Più probabilmente, spostano gli acquisti verso prodotti simili che, al netto delle imposte, costano di meno, e che quindi possono essere di qualità inferiore. In Messico, il paese con più alto tasso di obesità al mondo tra la popolazione adulta, da quattro anni è in vigore una tassa sulle bevande zuccherate e sul junk food che ha fatto aumentare i prezzi del doppio dell’inflazione. Eppure, la percentuale di obesi è persino aumentata in questi anni. Per lo stesso motivo, la Danimarca, dopo un primo tentativo, ha eliminato la tassa. In altri paesi europei in cui è già stata introdotta (Finlandia, Norvegia, Ungheria, Francia), i consumi non sono cambiati.

Più probabile, quindi, che la maggioranza del #cambiamento scarseggi di fantasia e abbia risuscitato un tema vecchio ma sempre verde: colpire alcuni prodotti di alcune multinazionali non per farci dimagrire, ma per fare un po’ di redistribuzione apparentemente a carico delle grandi multinazionali. I soldi incassati con la tassa dovrebbero infatti coprire il taglio dell’IRAP per le imprese che hanno un volume d’affari inferiore a 100 mila euro l’anno. Annunciare di tassare la Coca-cola per alleggerire il carico delle piccole imprese è togliere ai grandi per dare ai piccoli, salvo che la tassa eventualmente colpirebbe i consumatori, su cui verrebbe scaricato il peso dell’aggravio impositivo da parte non solo della Coca-cola, ma di tutti, grandi e piccoli, produttori di bevande zuccherine.

Eliminare o ridurre l’IRAP è senz’altro intenzione lodevole, ma, anche in questo caso, ci si chiede perché il coraggio della maggioranza del #cambiamento non vada oltre. La manovra, come è noto, punta all’effetto benefico di un aumento di deficit. Se davvero fare deficit produce crescita, perché non farne un po’ di più, a coperture di qualsiasi taglio di imposte, senza dover spostare il carico fiscale da un settore all’altro?

A ben pensarci, il governo del #cambiamento rischia di promuovere austerità laddove nessuno aveva osato prima: ci toglie anche il piacere di bere quello che vogliamo.

20 novembre 2018

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