C’è stata un’età dei miracoli per l’affermazione dei diritti umani. Il decennio successivo alla Seconda guerra mondiale, col fardello che si portava dietro, ne celebrò il trionfo con la Dichiarazione dei diritti umani delle Nazioni Unite, di cui il 10 dicembre è stato l’anniversario. Si tratta di un documento di ambizioni straordinarie. I risultati sono stati altrettanto straordinari?
Nonostante tutto, nonostante il terrorismo, la persistente povertà, le guerre attuali e minacciate e i comuni problemi dell’umanità, il mondo di oggi, a tutte le latitudini, è comunque nettamente migliore di quello di 60 anni fa. Siamo più ricchi, più sani, più tolleranti.
La distanza delle condizioni di vita tra le nazioni si è accorciata. Ci sono Paesi in cui per donne e uomini è ancora difficilissimo disegnare la propria vita come meglio credono. Ma è diventato molto più facile, per milioni di persone, cercare di dare corpo a una speranza: nel proprio Paese, o lasciandolo.
L’ultimo rapporto delle Nazioni Unite sullo sviluppo umano non a caso si intitola «Rise of the South» e documenta un miglioramento della vita nei paesi in via di sviluppo «senza precedenti per velocità e dimensioni».
I progressi che registriamo oggi sono un miracolo annunciato dalle proclamazioni dei diritti, e soprattutto dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo?
La Dichiarazione dei diritti dell’uomo non è altro che un manifesto che può certamente aver favorito il diffondersi di una maggiore educazione e sensibilità alla dignità umana.
Del manifesto, tuttavia, essa non solo ha la magniloquenza, ma pure l’astrattezza.
Proclamare che le persone non devono essere torturate non ha mai fermato la mano a un aguzzino; prevedere che tutti abbiano diritto a un tenore di vita adeguato a garantire la salute e il benessere con particolare riguardo all’alimentazione e al vestiario, non dà né pane né coperte.
I diritti della Dichiarazione universale sono presi sul serio laddove essi lo sarebbero comunque: cioè laddove la libertà concreta delle persone, il grado di benessere reale di una società, il rispetto effettivo della legge da parte di istituzioni stabili rende possibile per gli individui provare a realizzare una vita degna di questo nome.
Lo Human freedom index del Fraser Institute, uno studio che coglie a livello mondiale il grado di rispetto della libertà delle persone, dimostra una relazione proporzionale tra benessere economico, assenza di coercizione politica e rispetto dei diritti, e non potrebbe essere altrimenti.
Negli ultimi due secoli, ciò che ha consentito lo sviluppo dei diritti umani sono stati, più dei manifesti, gli stessi fattori che, secondo l’ONU, stanno consentendo oggi il progresso del «Sud» del mondo: una incredibile espansione delle capacità individuali e del progresso materiale, lo sviluppo della classe media per dimensioni, ricchezza e aspettative, l’innovazione tecnologica e la creatività imprenditoriale. E’ il miracolo del capitalismo, pure mai benedetto dalle Dichiarazioni dei diritti.