5 Settembre 2022
Il Giornale
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
Argomenti / Politiche pubbliche
Anche se ormai pesa meno di un terzo dei voti ricevuti alle scorse legislative, il M5S di Conte potrebbe incassare circa un 10% dei voti validi. Si tratta di un risultato lontanissimo da quello ottenuto nel 2018 (quando superò il 32% dei voti), ma è comunque significativo, poiché attesta un qualche radicamento.
L’iniziativa politica a cui i pentastellati hanno più legato la loro immagine è il reddito di cittadinanza. Il partito di Conte ha abbandonato una dopo l’altra tutte le sue posizioni in tema di Europa, immigrazione, ambiente, finanza e sanità, ma ha deciso di giocare molto del proprio futuro sul reddito di base, e ora la cosa sembra ripagarlo alle urne.
Considerando che nel 2019 le famiglie beneficiarie del reddito erano 1,1 milioni (per un totale di 2,7 milioni di persone), che nel 2020 erano 1,6 milioni (3,7 milioni di persone) e che nel 2021 sono divenute addirittura 1,8 milioni (con un numero complessivo di 3,9 milioni di persone raggiunte), i circa 3 milioni di voti accreditati a Conte non sono tantissimi. Ovviamente non c’è una perfetta coincidenza tra i percettori dell’assegno di Stato e i futuri elettori del M5S, ma è ovvio che molti dei beneficiari del sussidio si stanno orientando a votare il partito che più si sta spendendo a difesa di quella misura.
Da parte sua, Conte sta mettendo al centro della campagna elettorale questo tema, aggiungendo a più riprese che ormai l’Italia è a rischio di esplosione sociale. E questo è sicuramente vero, poiché anni e anni di politiche stataliste hanno impoverito il Paese, che ora deve fare i conti pure con una pesante inflazione. I prossimi mesi saranno segnati da gravi difficoltà e Conte si candida al ruolo di difensore dei ceti più deboli, destinatari delle misure assistenziali.
In un certo senso, il M5S ha compiuto un «piccolo capolavoro» di cinismo politico, dato che con l’introduzione del reddito di cittadinanza si è costruito dal nulla un bacino elettorale in grado di durare. Non sembra infatti realistico immaginare che vi sia qualcuno che sia disposto a sfidare l’impopolarità e ad azzerare norme che quando furono varate avrebbero dovuto addirittura abolire la povertà.
La «tenuta» del partito di Conte ci dice che ormai molti nostri concittadini rivendicano una sorta di «diritto acquisito»: pensano di dover ricevere un reddito senza lavorare e che altri debbano farlo per loro. Non sarà facile uscire da tale situazione, che alla fine danneggia i beneficiari perfino più dei tartassati.
da Il Giornale, 3 settembre 2022