Dura da più di 150 anni la guerra degli intellettuali al capitalismo. Una guerra concentrica, dichiarata da destra e da sinistra, di cui non s’intravvede l’epilogo, nemmeno sotto forma di tregua. Anzi, più l’economia di mercato riduce le sacche di povertà nel mondo, più s’allarga il fronte dei suoi detrattori, che le addebitano di tutto e di più, anche a costo, talora, di capovolgere i fatti e la verità. Lo stesso posizionamento anti-ucraino di numerosi pensatori occidentali è figlio del pregiudizio anti-borghese radicatosi in Europa a partire dalla rivoluzione industriale.
E siccome l’Ucraina intende far parte del club delle democrazie liberali europee partorite dall’illuminismo, le scuole di pensiero ostili alla società aperta e alla libertà economica preferiscono schierarsi, nella guerra in corso, con l’aggressore anziché con l’aggredito. Chi, invece, vuole avvicinarsi senza preconcetti alla storia e all’attualità dell’economia di mercato, non ha che da leggere l’ultimo libro di Alberto Mingardi, intitolato Capitalismo ed edito dal Mulino (167 pagine, 13 euro).
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