Gli hotel contro Airbnb. I negozianti contro i siti di e-commerce. Le società di trasporto contro i bus low-cost di Flixbus. I gestori delle slot contro il gioco online. Ogni manovra che si rispetti scatena il suo assalto alla diligenza. Uno sgomitare di associazioni e lobby per sfumare le norme a proprio vantaggio. Questa manovrina di primavera però sta facendo emergere un nuovo conflitto, trasversale ai settori. Una battaglia tra l’economia tradizionale, gli operatori del mondo mattoni e cemento, e le multinazionali del digitale. I primi schierati in difesa di affari e occupati, forti di solide sponde politiche. Le seconde a rivendicare il diritto a innovare, ma allergiche a regole e tasse pensate per l’epoca analogica.
«In un Paese fermo come l’Italia questa transizione diventa un conflitto distributivo: mors tua vita mea», ragiona Alberto Mingardi, direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni. «E più l’economia fatica più la politica è permeabile». Vedere la guerra di cifre e emendamenti ingaggiata negli ultimi giorni tra Federalberghi e Airbnb attorno alla cedolare sugli affitti turistici. La piattaforma puntava a far cadere l’obbligo di agire come sostituto d’imposta, che comporterebbe la residenza fiscale in Italia. Ma gli emendamenti della maggioranza “segnalati” per la discussione sono tutti ispirati dagli albergatori. Una serie di vincoli extra, dalle porte tagliafuoco al certificato antimafia, per i privati che condividono casa. Tanto che anche Property Managers Italia, l’associazione che aveva proposto la norma, ora denuncia il rischio di soffocare il settore.
Penalizzare i siti del nuovo turismo con l’estate alle porte sarebbe un autogol, il governo lo sa. Ma nel marasma pre-elettorale che vive la maggioranza la linea sui temi dell’innovazione fatica a vedersi. Flixbus, piattaforma dei bus low cost, pensava di essere salva. La norma che ne avrebbe stoppato i servizi, inserita nel Milleproroghe su ispirazione dell’Anav, associazione degli autotrasportatori “tradizionali”, era stato cancellata dal governo. E invece tra gli emendamenti alla manovrina ne è spuntata una nuova versione, per giunta firmata dalla deputata renziana Stefania Covello. E pure sulla tassazione extra per le slot la voce dell’economia tradizionale si è fatta sentire. Sapar, sigla delle aziende che gestiscono le lotterie video negli esercizi pubblici, ha lamentato che l’incremento fiscale avrebbe risparmiato il gioco online. Ottenendo dall’esecutivo un’apertura a “spalmarlo” sull’intero settore. Anche se le slot web, lamenta l’associazione di categoria Logico, sono più controllate in termini di antiriciclaggio e contrasto alla ludopatia.
Ora passa la web tax targata Boccia, più volte respinta al mittente in epoca Renzi nell’attesa di un intervento europeo. Norma appoggiata dai piccoli esercenti di Confcommercio, ma che non dispiace neanche alla grande distribuzione, vittima dalla concorrenza a fiscalità straniera di Amazon & co. Passa però in una versione “leggera” rispetto alle vecchie proposte. Un incentivo alle società hi-tech a collaborare con l’Agenzia delle Entrate per adempiere ai loro obblighi fiscali. Un metodo collaborativo che anche Airbnb propone per la cedolare secca, e che potrebbe ammorbidire il conflitto tra vecchie e nuova economia. Oppure un grimaldello per costringere i giganti digitali a riconoscere la stabile organizzazione in Italia. Con nuove, prevedibili, battaglie.
Da La Repubblica, 23 Maggio 2017