E poi arriva Zalone

Fra i mille problemi della comunicazione nell'era Covid, alla fine vince Checco

4 Maggio 2021

Il Foglio

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Nell’anno della pandemia, il grande pubblico ha scoperto alcune professioni di cui ignorava persino l’esistenza: il virologo, l’esperto di salute pubblica, l’epidemiologo. Gli esperti sono risultati essenziali per riempire i palinsesti, ma è da vedere quali saranno i loro effetti di lungo periodo. Da una parte, la “scienza” è regredita a mestiere oracolare: dimmi, o guaritore, quando finirà la sofferenza. Dall’altra, in una fase di grande incertezza, ipotesi di più o meno comprensibile buon senso sono diventate il centro di uno scontro feroce come quello politico.

Siamo facili profeti se diciamo che i virologi (termine generale sotto al quale facciamo rientrare professioni diverse) abbiano stufato come guru, più rapidamente degli economisti. Le conseguenze possono essere peggiori. L’economista è il consigliere del principe e piacerà al principe tanto quanto i suoi consigli gli aggradano. Ma le persone comuni l’economista lo incontrano, appunto, solo in televisione o sulle pagine dei giornali. Non devono andare dall’economista per farsi sistemare il bilancio di casa. Invece si rivolgono quotidianamente a persone che somigliano pericolosamente ai virologi e lavorano gomito a gomito con loro, nella percezione comune, in ospedale. Dal pensare che il virologo pieghi “la scienza” alla politica, al diffidare del medico il passo è breve. E una diffidenza radicale e diffusa verso i medici può avere costi elevati. Oggi, il primo e più immediato di questi costi può essere la diffidenza verso la vaccinazione contro Covid-19.

E’ per questa ragione che dobbiamo essere contenti che sia arrivata una voce diversa, quella di Checco Zalone, a parlare di vaccinazione. Zalone lo ha fatto con un azzeccatissimo video con Helen Mirren che gioca a fare intuire la desiderabilità della vaccinazione puntando, da abile conoscitore delle inclinazioni umane (il successo di Zalone, spiegava Gianni Canova in un aureo libretto, è dovuto al fatto che è lui che guarda noi, siamo noi lo spettacolo che lui a sua volta rimette in scena, permettendo di identificarci anche col nostro peggio), su una rappresentazione ironica del desiderio sessuale. Arriverà l’immunità di gregge, cantava lo scorso anno, e anche lì era, giustamente, faccenda di sesso, di rincontrarsi non solo fra congiunti. Oggi esalta la desiderabilità di una (splendida) settantacinquenne come Helen Mirren. La “zinna” sarà anche pendula, ma vuoi mettere l’anticorpo dell’AstraZeneca. L’impresa britannica, che al centro delle polemiche ha tenuto un silenzio per certi versi incomprensibile ma forse saggio, dovrebbe staccare a Zalone un assegno milionario.

Basterà a convincere il 30 per cento di italiani riottosi a vaccinarsi? Non lo sappiamo.

La paura della vaccinazione è legata all’inquietudine generata dall’introdurre nel nostro corpo qualcosa di estraneo e minimamente rischioso. Dopo una storia complessa, le vaccinazioni erano accettate dal grosso dell’opinione pubblica in larga parte del mondo occidentale fino agli anni Settanta/Ottanta del secolo scorso. Poi c’è stato l’episodio Wakefield che ha diffuso il sospetto che il vaccino MPR inducesse l’autismo nei bambini, e le opinioni di celebri testimonial, cioè personaggi dello spettacolo, contro le vaccinazioni hanno raggiunto i media, soprattutto i social media, che sono stati l’incubatore di una sottocultura del complotto devastante su diversi fronti e non solo per i vaccini. Uno degli argomenti di questa sottocultura è che “la scienza è divisa”, sottolineando opinioni marginali e di scienziati magari illustri in altri campi, ma che poco sanno di vaccini. Ecco, che “la scienza è divisa” non è forse tornata la lezione principale di un anno di lotte greco-romane fra virologi in televisione? Dopo nucleare, Ogm, staminali.

Il problema, intendiamoci, non è il pluralismo che come spiegava Popper è nella natura della scienza, che l’ha usato per risolvere problemi e così ne ha fatto dono alla società. Il problema è confondere pluralismo con relativismo, cioè con la deduzione acritica, che siccome la scienza è divisa io scelgo la scienza che piace di più a me, per istinto e vicinanza alla mia interpretazione del senso comune, non per argomenti razionali.

Un anno di schermaglie virologiche indebolisce la reputazione degli esperti, sporca i camici bianchi. Anche la comunicazione è un’arte che non s’improvvisa. E poi arriva Checco Zalone, il più bravo a farci ridere di noi stessi, che rende, nel modo più imprevedibile, la vaccinazione persino sexy.

da Il Foglio, 4 maggio 2021

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