Almeno non usate Luigi Einaudi e il liberalismo a sproposito. Almeno quando ci chiudete, proibite, fornite lasciapassare e comandate, non definitevi liberali. Il che non sembra, ancora, del tutto obbligatorio. Sarebbe sufficiente leggere la bella e piccola antologia di scritti liberali che, in occasione dei sessanta anni dalla morte di Einaudi, l’Istituto Bruno Leoni e Alberto Giordano hanno voluto mettere insieme (Luigi Einaudi e la politica).
Il principio fondamentale, e di cui Einaudi e i liberali sono convinti, è che la democrazia, la maggioranza, la legge, le procedure debbano avere dei limiti. «Il liberalismo per l’ex presidente della Repubblica e banchiere centrale è una dottrina di limiti; e la democrazia diventa liberale solo quando la maggioranza volontariamente si astiene dall’esercitare coazione sugli uomini nei campi che l’ordine morale insegna essere riservati all’individuo».
E nella bella introduzione Alberto Giordano scrive: «alla base di tutto si trova la riprovazione di Einaudi riguardo al principio per il quale dovrebbe essere un ideale pensare e agire allo stesso modo». La sintesi perfetta è in quella famosa frase: «l’impero della legge come condizione dell’anarchia degli spiriti» e una «delle principali funzioni attribuite allo stato liberale è precisamente la tutela del diritto al dissenso, alla critica, alla messa in discussione di qualsiasi idea e provvedimento».
La democrazia, scrive ancora Einaudi, «ha necessità di freni, che hanno per iscopo di limitare la libertà di legiferare e di operare dei ceti politici governanti scelti dalla maggioranza degli elettori. In apparenza è violato il principio democratico il quale dà il potere alla maggioranza; in realtà, limitandone i poteri, i freni tutelano la maggioranza contro la tirannia di chi altrimenti agirebbe in suo nome e, così facendo, implicitamente tutelano la minoranza… i freni sono il prolungamento della volontà degli uomini morti, i quali dicono agli uomini vivi: tu non potrai operare a tuo libito».
In fondo è solo un complemento procedurale alla definizione di libertà tout court di Berlin: «L’essenza della libertà è sempre consistita nella capacità di scegliere come si vuole scegliere e perché così si vuole, senza costrizioni o intimidazioni, senza che un sistema immenso ci inghiotta; e nel diritto di resistere, di essere impopolare, di schierarti per le tue convinzioni per il solo fatto che sono tue. La vera libertà è questa, e senza di essa non c’è mai libertà, di nessun genere, e nemmeno l’illusione di averla».
P.S. Fantastico il capitolo, del tutto originale, titolato “Due parole tra di noi. Ai giornalisti liberali”. In cui Einaudi sprona a parlare con un pubblico che non faccia parte solo delle élite con «chiarezza e semplicità, senza per ciò addirittura preparare il bolo alimentare, ma lasciando al prossimo almeno la fatica della masticazione».
da Il Giornale, 14 novembre 2021