Energia: la lezione della "Maggior Tutela"

Una riforma che lasciava trapelare una estrema sfiducia nei confronti del mercato

4 Dicembre 2023

Istituto Bruno Leoni

IBL

Argomenti / Ambiente e Energia Politiche pubbliche

Il dibattito che nelle scorse settimane si è sviluppato attorno alla liberalizzazione del mercato elettrico ha visto esperti e decisori divergere come non mai. La maggior parte degli esperti che sono intervenuti sul tema, sia pure da prospettive differenti, ha gettato acqua sul fuoco: molti sono favorevoli alla piena apertura del mercato, ma coloro che per varie ragioni non lo sono non vi vedono certo un rischio drammatico per le tasche dei consumatori. Insomma, non è a gennaio e non è per la transizione al mercato (relativamente più) libero che le bollette impazziranno. Al contrario, i politici hanno fatto a gara a spararle sempre più grosse e a fare scarica-barile di una riforma che, invece, servirà ad ampliare le opportunità di scelta dei consumatori.

Della questione ci siamo occupati estensivamente: per approfondire rimandiamo, per esempio, a un recente e più ampio lavoro di Paolo Belardinelli e Carlo Stagnaro, su come l’evidenza può aiutare i policy maker. Ci sono però due lezioni che si possono trarre e che vanno al di là della faccenda specifica: due lezioni che hanno molto a che fare, invece, col modo in cui gli studiosi di Public Choice ci hanno insegnato ad analizzare i fatti politici.

Primo. Perché tutti si preoccupano di quanto accadrà nel settore dell’energia elettrica mentre nessuno guarda il settore del gas? Dopo tutto, la situazione è analoga e nei prossimi mesi, in entrambi i mercati, cesseranno le cosiddette “tutele di prezzo”. Anzi, se vogliamo nel gas si va verso il mercato in modo molto più secco, perché i consumatori “tutelati” continueranno a essere serviti dal fornitore storico sulla base di contratti non più regolati. Al contrario, nel settore elettrico verrà individuato un nuovo fornitore che dovrà per almeno tre anni servire i clienti sulla base a prezzi stabiliti ex ante e dunque, nei fatti, sorvegliati dall’Autorità per l’energia. La spiegazione di questa differenza sta nel diverso modo in cui è stata introdotta, vent’anni fa, la libertà di scelta: mentre nel caso del gas la “tutela” è affidata a un algoritmo dell’Autorità che tutti i venditori devono rispettare (includendo tale offerta nel proprio portafoglio), nel settore elettrico la tutela è erogata attraverso una sorta di monopolio territoriale. La gestione commerciale del cliente è affidata a soggetti collegati a chi opera la rete di distribuzione locale sulla base dei costi di approvvigionamento all’ingrosso sostenuti da un ente pubblico, Acquirente Unico. La vera resistenza, nel settore elettrico, arriva proprio da chi ha un interesse specifico a mantenere un ruolo che, seppure transitorio, è considerato evidentemente irrinunciabile: questo vale per l’ex monopolista, che ha in pancia circa l’85 per cento dei consumatori tutelati, ma soprattutto per l’Acquirente Unico, che vede nell’approvvigionamento dei clienti un ruolo identitario e che per questo negli anni è stato al centro della il più aggressiva e prolungata azione di lobbying contro la liberalizzazione. La lezione è: se si creano regimi transitori, mai affidarli a soggetti che ne traggono un vantaggio esplicito e diretto.

Secondo. Non è esagerato sostenere che tanta ritrosia è anche legata al fatto che l’espressione “maggior tutela” è tremendamente persuasiva: dire che “aboliremo la maggior tutela” suona come un attacco ai consumatori, anche se non lo è nelle intenzioni né tanto meno negli effetti. Chiunque abbia stabilito che il regime “transitorio” che avrebbe dovuto accompagnare i piccoli consumatori verso il mercato dovesse avere un nome tanto allusivo, intenzionalmente o no, ha reso infinitamente più complesso il lavoro di chi, venendo dopo, si è trovato alle prese col completamento del percorso di liberalizzazione iniziato nel 1999. La lezione è: le parole hanno conseguenze.

In questo caso, si ha quasi la sensazione che fin da subito ci fosse una estrema sfiducia nei confronti del mercato, tanto che l’apertura avvenne come un obbligo mal tollerato dettato dalle direttive europee. Non sappiamo come si risolverà il braccio di ferro tra il governo italiano (che sta difendendo una riforma ereditata dai precedenti) e la Commissione europea, né in quale modo esso sarà strumentalizzato dall’opposizione (che invece sta avversando una riforma da essa stessa votata e voluta). Fortunatamente, a differenza di altri casi, presto si potrà chiamare il bluff perché la settimana prossima si terranno le aste. Tutti potranno constatare che i prezzi post-tutela non conterranno alcuna “stangata” ma saranno solo un piccolo passo nella direzione di dare più forza e più scelta ai consumatori.

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