Enti locali, sì ai tagli ma più economia

Nonostante da trent'anni si parli di federalismo e autogoverno locale, nessuno sembra motivato a lasciare una vera libertà d'azione e un'autentica responsabilità

13 Aprile 2015

La Provincia

Carlo Lottieri

Direttore del dipartimento di Teoria politica

Argomenti / Teoria e scienze sociali

In qualche caso saranno tagli anche molto pesanti. Per città come Firenze e Roma si tratterà di ricevere dallo Stato circa il 30% in meno. Le esigenze di bilancio della legge di stabilità obbligano a limitare le uscite e, giustamente, si invita tutti a fare meglio.
Gli amministratori locali di città e province potranno anche alzare le barricate, ma è difficile dare torto a chi, nel governo Renzi, sostiene che anche chi è alla testa degli enti locali deve usare le forbici ed eliminare varie voci. Non si tratta certo di togliere servizi fondamentali alla popolazione, ma semmai di cancellare tutti quegli sprechi che ancora sono ben presenti in tanti bilanci, puntando soprattutto a ridefinire un ruolo diverso per i municipi e le province.

Detto questo, è pure vero che ci sono incongruenze nel modo in cui si sono ripartite queste minori entrate. È assurdo ad esempio che si sia penalizzato, sulla base di argomenti redistributivi, chi ha meno tassato e operato meglio. Invece che premiare la limitata voracità delle province di Avellino o Vicenza, ad esempio, che hanno adottato un’aliquota per la Rca inferiore al livello massimo possibile, per queste realtà locali si sono previsti maggiori tagli. L’argomento è che se non hanno tassato fino in fondo significa che non avevano poi tanto bisogno di fondi.

Insomma, Roma riduce i trasferimenti (e fa bene), ma lo fa alla solita maniera (e fa male). Quel che è peggio, si continua a restare entro la logica di sempre, con il governo centrale che assorbe una gran parte delle entrate e poi le assegna qui e là sulla base di criteri non sempre condivisibili. Nonostante da trent’anni si parli di federalismo e autogoverno locale, nessuno sembra motivato a dare una vera libertà d’azione e un’autentica responsabilità agli enti locali: nessuno ha capito che essi devono tassare da sé i loro cittadini e vivere di queste risorse.
Solo in tal modo, infatti, comuni e province possono essere spinti a operare al meglio. Unicamente in questa maniera i cittadinicontribuenti possono essere indotti a controllare da vicino i governi periferici e a esigere che si evitino sciupii e spese inutili . Ma oltre a ciò, soltanto così si può creare quella concorrenza tra giurisdizioni che stimola ognuno a dare il proprio meglio.

Il segreto della vicina Svizzera è tutto qui: in enti locali comuni e cantoni che decidono la propria tassazione e sono obbligati a competere per attirare imprese e investimenti. Se il canton Ticino ha una fiscalità diversa da quella del canton Grigioni, e se a Bellinzona il moltiplicatore delle imposizione cittadina può essere differente da quello di Lugano, ne risulta che da parte delle comunità è più facile valutare chi opera meglio, offrendo servizi migliori e a un costo inferiore.

Tagliare i trasferimenti centrali come ha fatto il governo è giusto e salutare, ma al contempo bisogna porre le premesse per amministrazioni che stiano in piedi da sole: che non ricevano più nulla da Roma e tutto dai loro elettori. Questo governo sembra muoversi spinto dall’emergenza di esigenze contabili rispettabili, ma senza una vera strategia riformatrice. Si rischia di perdere un altro treno.

Da La Provincia, 11 aprile 2015

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