Farinetti e il coraggio che si può imparare

L'imprenditore piemontese disegna un affresco dell'Italia di oggi

28 Febbraio 2014

Il Secolo XIX

Carlo Stagnaro

Direttore Ricerche e Studi

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Si può, con la scusa del vino, disegnare un affresco dell’Italia? Oscar Farinetti ci ha provato: è lui stesso a dichiarare questa intenzione. Lo ha fatto in un modo che più irrituale non si può. Anziché scrivere un libro di memorie, come è vezzo di molti uomini di successo, si è messo su una strada assai eterodossa. “Storie di coraggio” (Mondadori, pp.340, euro 16,90) offre il resoconto di dodici incontri chiacchierate, o interviste con altrettanti produttori di vino. Non è che il punto di vista di Farinetti sia assente, anzi. Solo che emerge dal, e nel, confronto.

Ogni colloquio ruota attorno alla vicenda del produttore intervistato (e alle bottiglie degustate nel frattempo). Il libro però è retto da tre filoni narrativi.
Il primo è, appunto, il vino, e più in generale l’agroalimentare di qualità. L’industria vinicola italiana ha conosciuto, e ancora ha di fronte, uno sviluppo straordinario: l’invenzione di vini “puliti” (come dice Farinetti) ha consentito a questi vignaioli di fare grande la propria azienda, facendo grande l’Italia.

Il secondo filone è il coraggio. Fare l’imprenditore richiede coraggio e il coraggio è un prisma dalle molte facce: calcolo, spavalderia, dubbio, curiosità, tenacia. E forse non è vero quel che diceva don Abbondio, che nessuno se lo può dare: «è facile imparare a diventare coraggiosi ragiona il fondatore di Eataly Il metodo migliore è guardare a storie di coraggio di persone normali che attraverso il coraggio sono diventate speciali».

Il terzo filone raccoglie i primi due: è il rapporto tra l’individuo coraggioso e l’ambiente circostante. Ambiente fatto di storia e paesaggio, tradizione e innovazione. Ma anche di politica: tutti i vignaioli lamentano le difficoltà e le criticità italiane, la burocrazia e le tasse e tutto il resto, ma ciascuno, e Farinetti più di tutti, mostrano ancora coraggio civile, voglia di impegnarsi e di dare, forse anche bisogno di restituire alla società parte della fortuna che hanno avuto.
Farinetti, che sarà questa sera alle 20 a Palazzo Ducale, ospite del Gruppo Giovani Riuniti coordinato da Sarah Zotti, è convinto che «noi imprenditori facciamo politica creando posti di lavoro e modelli di comportamento». Ma si fa politica anche prendendo posizione, esprimendo opinioni, partecipando al dibattito pubblico. Cercando come i produttori raccontati da Farinetti di arrivare al “vino perfetto”, che magari neppure esiste.

Da Il Secolo XIX, 28 febbraio 2014
Twitter: @CarloStagnaro

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