Rubbettino, uno tra i non molti editori italiani che sono attenti al pensiero liberale, ha appena pubblicato, a cura di Alberto Mingardi, una raccolta di testi di Richard Cobden dal titolo Scritti e discorsi politici. Il libero scambio per la pace tra le nazioni. È un’ottima occasione che viene offerta al lettore di lingua italiana per saperne di più su una personalità atipica dell’Ottocento inglese, quanto mai interessante anche ai nostri giorni.
Noto ai più tra i pochi che da noi ne sanno qualcosa soprattutto come il grande promotore dell’abolizione delle corn laws, le leggi protezionistiche introdotte nel 1815 in Gran Bretagna a tutela degli interessi dei latifondisti inglesi, Richard Cobden (1804-1865) è non solo un grande alfiere del libero scambio, adesso ormai largamente sperimentato e in certa misura comunque impostosi, ma anche di due altre idee attualmente ancora sfidanti. Una è quella di fare politica premendo dall’esterno sulle istituzioni, e l’altra è la sua convinzione che la via maestra per giungere alla “pace tra le nazioni” sia il libero scambio e non l’equilibrio di potenza.
Cobden sarà il principale animatore della Anti-Corn Laws League, fondata nel 1838, che preme per l’abolizione di tali leggi dall’esterno senza coinvolgersi in elezioni, tanto più che molti di coloro che la sostengono non sono rappresentati alla Camera dei Comuni, a quei tempi non ancora eletta a suffragio universale. La Lega perciò si rivolge innanzitutto al Paese, non al Parlamento. «Il Parlamento dell’Impero è un Parlamento di latifondisti», si legge in un articolo di The League del 1843, «le sue leggi sono i decreti dei latifondisti. Il governo interno e subordinato del Paese, la gestione delle contee, le assemblee trimestrali, l’opera dei magistrati; tutto questo, o quasi, si trova nelle mani dei latifondisti».
Nel 1841 Cobden viene comunque eletto alla Camera dei Comuni, e presto diviene una celebrità nazionale grazie al peso che stanno assumendo i giornali, per lo più a lui favorevoli, a partire dal Manchester Times. Si arriva così al 1846 quando il premier Peel fa votare l’abrogazione delle corn laws nell’arco di tre anni. Il 2 giugno 1846 la Lega viene sciolta avendo ormai assolto al suo compito. The League viene chiusa e ai suoi abbonati viene raccomandato di abbonarsi a The Economist il che dà un notevole contributo al lancio di questo settimanale che come noto prospera tuttora.
Contro i «barbari russi»
Diversa è invece la sorte dell’altro grande tema sul quale Cobden si impegna, quello del libero scambio come strumento principale di pace in alternativa all’equilibrio di potenza. Invano si oppone a quella che poi passerà alla storia come guerra di Crimea, preparata in Inghilterra da una campagna di stampa contro la Russia e a favore dell’Impero Ottomano presentato come «un alleato essenziale contro i barbari russi» accusati, senza alcuna ragione, di essere sul punto di invadere l’India britannica passando per l’Afghanistan.
Cobden era contrario alla guerra in cui la Russia fu provocata da una coalizione composta da Impero ottomano, Francia e Gran Bretagna cui si aggiunse poi il Regno di Sardegna. Riteneva infatti che non si dovesse fare la guerra contro la Russia per motivi culturali, il suo essere una nazione cristiana, e perché il suo maggior grado di sviluppo rispetto a quello dell’Impero Ottomano la rendeva per l’Inghilterra un partner commerciale più attraente. Cobden ritiene infatti, osserva Mingardi, che «pensare che l’Impero serva ad ampliare i legami commerciali inglesi non è che una frode intellettuale».
Appartiene infatti a quella scuola di pensiero che vede contrapporsi «società militari e società industriali, due polarità ideali, con caratteristiche in stridente contrasto, agli estremi dell’evoluzione sociale. Lo sviluppo della divisione del lavoro anche a livello internazionale determina un avvicinamento alla società industriale».
Da Benedetto XV a papa Francesco
Sta di fatto che questo sviluppo non si è verificato e che oggi più che mai le relazioni internazionali si basano sull’equilibrio di potenza al costo di un gigantesco spreco di risorse, di gravi distruzioni e di ricorrenti ecatombi sia di militari che di civili. E, come dimostra il continuo crescere degli scambi tra Cina e Usa, in certa misura l’interscambio può coesistere con la logica dell’equilibrio di forze. Sarebbe finalmente possibile oggi optare totalmente per il libero scambio trovando all’interno di esso la sicurezza che si cerca tramite l’equilibrio di potenza? Si può finalmente sostituire la guerra e la minaccia della guerra con lo strumento dell’arbitrato?
L’unico grande attore di politica internazionale che finora lo sostiene è la Santa Sede. Lo sostenne con Benedetto XV in occasione della Prima guerra mondiale ma con la sola adesione, purtroppo insufficiente, di Carlo d’Asburgo. Lo sostiene oggi con papa Francesco a proposito della guerra in Ucraina ma sin qui senza alcun alleato.
da Tempi, marzo 2023