La guerra in Ucraina e alcune ricerche basate su dati reali, e non su dogmi ideologici, stanno svelando l’assoluta inconsistenza, per non dire l’ipocrisia, delle tesi green dell’Unione europea sulla necessità di abbandonare il gas e il nucleare per passare al tutto elettrico da fonti rinnovabili. Tesi che, messe alla prova dei fatti in un settore di grande rilievo economico e sociale come la mobilità automobilistica, si rivelano per quello che sono: favole green, impossibili da realizzare nei tempi e nei modi previsti. In proposito, il saggio di Celso Osimani e Ivo Tripputi («Il futuro dell’energia nucleare»; Ibl Libri), due ingegneri con decenni di esperienza nel settore, fornisce dati e fatti illuminanti.
Prendiamo il caso del trasporto auto. L’Unione europea ha stabilito che dal 2035 sarà vietato vendere veicoli con motore a benzina, diesel, gpl o ibride, con l’obiettivo di passare in toto alle auto elettriche. Queste ultime si muovono grazie a batterie che dovranno essere ricaricate. Ma chi e come dovrà produrre l’energia elettrica necessaria? In Italia, basterà puntare sulle centrali eoliche e solari, tanto care agli ambientalisti senza se e senza ma? Oppure non si potrà fare a meno dell’energia prodotta dalle detestate centrali a gas, né da quelle nucleari francesi e svizzere che sorgono qualche chilometro oltre il confine nazionale? Osimani e Tripputi, con una messe di dati, escludono che l’energia elettrica prodotta con l’eolico e il solare possa soddisfare la domanda dell’intero parco auto italiano convertito all’elettrico. Non solo. I calcoli che dimostrano questa insufficienza non comprendono i veicoli del traffico pesante (camion e bus), che sono i più inquinanti, ma per i quali non è previsto l’obbligo elettrico.
«Proviamo a fare due conti», scrivono i due ingegneri. «Un’auto elettrica di medie dimensioni e con tecnologie avanzate come la Tesla necessita di 67,5 kWh per percorrere in media 290 km. Poiché le auto private in Italia percorrono in media 12mila km/anno, ogni auto di questo tipo avrebbe bisogno di 2.800 kWh». Poiché in Italia circolano 40 milioni di auto, servirebbero per la ricarica di altrettante vetture elettriche circa 112 TWh/anno, pari alla produzione di 15 centrali nucleari da mille MWe ciascuna. Non disponendo di energia nucleare, abbandonata da decenni, ed essendo il gas una fonte fossile da abbandonare quanto prima, per i verdi l’Italia dovrebbe puntare sulle centrali eoliche e solari. Basteranno? Assolutamente no.
Nel 2020, spiegano Osimani e Tripputi, l’energia eolica ha prodotto solo 18,5 TWh di energia elettrica. Quindi, per soddisfare la domanda nazionale per la ricarica delle auto elettriche dal 2035 in poi, «occorrerebbe moltiplicare per sette il parco eolico attuale». Il che comporterebbe di ricoprire di pale eoliche non solo ogni collina, ma anche ampi spazi in mare aperto, specie in Adriatico, che ha i fondali meno profondi. Cosa praticamente impossibile dovendo fare i conti con i veti degli stessi ambientalisti che considerano le pale eoliche un attentato contro il paesaggio.
Quanto al fotovoltaico, la centrale più grande si trova a Troia, vicino a Foggia: occupa un km e mezzo quadrato di terreno (circa 18 campi da calcio) e dispone di 275mila pannelli, con una potenza installata di 103 MW. La produzione annuale è di 150 GWh. Per alimentare il parco nazionale di auto elettriche, secondo i due ingegneri, «servirebbero 750 nuovi impianti uguali a questo, che occuperebbero 1.125 km quadrati di aree prevalentemente di pianura, senza boschi, senza coltivazioni e non abitate». Vorrebbe dire ricoprire di pannelli solari un’intera provincia. Impensabile.
Ancora: «Nel 2020, in Italia, la produzione totale di energia fotovoltaica è stata di 25,5 TWh. Quindi, solo per alimentare il parco di auto elettriche, sarebbe necessario aumentare la superficie totale occupata dal fotovoltaico di oltre quattro volte, più la costruzione di altri impianti necessari per sostituire le attuali centrali a combustibile fossile». Ostacolo ulteriore: «Il picco di domanda per la ricarica delle batterie avverrebbe quando le auto sono ferme, cioè di notte. Ma di notte il fotovoltaico è assente e l’eolico è spesso carente».
Il saggio di Osimani e Tripputi passa in rassegna tutte le fonti di energia, compreso l’idrogeno, considerato da molti un «vettore energetico del futuro». Ma attenzione: «Oggi circa il 97% dell’idrogeno viene prodotto utilizzando petrolio, con grandi emissioni di CO2, e solo il 2-3% con l’elettrolisi. Il fabbisogno di idrogeno per tutto il parco auto italiano sarebbe di circa 6 milioni di tonnellate di idrogeno, per la cui produzione sarebbero necessarie circa 50 centrali nucleari da mille MW». I vantaggi rispetto all’auto a batteria? Lunga autonomia (una Toyota con il pieno di idrogeno ha percorso 1.200 km). Velocità di rifornimento: 5 minuti per il pieno contro i 50 minuti di un’auto elettrica. Peso ridotto rispetto a un’auto a batteria. Gli svantaggi: costo per km più elevato e prezzo dell’auto a idrogeno più caro di tutte le altre.
Fatti i conti, e considerato che oggi l’Italia importa da Francia e Svizzera il 10% di energia prodotta con il nucleare, i due ingegneri sostengono che «anche se vi sono molte resistenze, l’energia nucleare avrebbe tutte le caratteristiche per produrre energia elettrica, senza emissione di CO2, nella quantità necessaria e nel momento della richiesta». Una tesi non in contrasto con l’obiettivo europeo di emissioni zero nel 2050. Di diverso c’è che lo stesso risultato si può raggiungere, invece che con le favole green, con la tecnologia nucleare di nuova generazione, competitiva sul piano economico e non inquinante.
da Italia Oggi, 13 luglio 2022